C’è un’ottima notizia che circola da qualche settimana, ed è che il
petrolio potrebbe raggiungere
i DUECENTO  DOLLARI il barile entro il 2009.Che significa al cambio
attuale circa 125 EURO al barile.
Da 125 a 159 euro ci sono altri 37 euro, e poichè un barile contiene
proprio 159 litri
dell’ormai nefasto liquido, dopo il 2009 basterebbe un ulteriore
aumento di  meno di un terzo,
e voilà, l’untuoso liquame arriverebbe alla psicofatidica soglia di UN
EURO AL LITRO.
A questo punto però, per quanto possa sembrare già ovvio che cosa
questo significhi,
bisognerebbe scendere nei dettagli, per rendersi conto della reale
portata di tale evento.
Tutti gli Abruzzesi sanno quanto occorra per ottenere un litro d’olio
d’oliva.
Ebbene, con un litro d’olio d’oliva si possono percorrere anche 25
chilometri con un
veicolo abbastanza efficiente.C’è un fatto che però non è così
evidente agli occhi di chi
non s’intenda di agronomia.Quanti ettari di coltura d’olivo
occorrerebbero per fornire ai trenta milioni
di italautisti  abitudinari, il prezioso liquido?.Ritengo che
occorrerebbero qualche dozzina d’Abruzzi,
Toscane, Puglie,  e Ligurie messe insieme,a voler esentare
dall’ingrato compito le altre regioni olivicole.
E tutte quante intente a spremere drupe dal mattino alla sera,
oltretutto.
La domanda era volutamente provocatoria, anche perchè ci sono degl oli
vegetali
dai quali ottenere i famigerati “biocarburanti” che costano dal punto
di vista
della necessità di terreno agricolo, meno dell’ olio d’oliva.
Continuando di questo passo,e quindi
pensando in termini di equivalenze tra scenari energetici  cosidetti
“biosostenibili” e in via di esaurimento
o di impraticabilità ambientale, possiamo capire molto bene, come il
nodo gordiano da sciogliere,
e alla svelta oltretutto, sia quello che riguarda la cosidetta
“impronta ecologica”, e cioè
di quanta superficie planetaria calpestiamo per condurre la nostra
esistenza di specie onnivora e insaziabile.

Molti s’illudono bambinescamente che con la tecnologia riusciremo a
risolvere tutti i nostri
problemi, ma uno sguardo minimamente equilibrato agli ultimi due
secoli di impiego della tecnologia
ci dovrebbe illuminare a sufficienza su ciò che essa può risolvere o
complicare ulteriormente.
Di fatto, in concomitanza con l’enorme impiego della tecnologia
moderna
nell’ultimo secolo, il tasso d’estinzione di molte specie, è aumentato
in maniera
così elevata, da essere paragonabile a quello di periodi in cui sulla
Terra sono avvenuti
dei grandiosi cataclismi.E per ora, non siamo stati ancora capaci di
resuscitare
una specie definitivamente estinta, nonostante tutte le tecnologie
bioingegneristiche sviluppate.
La tecnologia ha un prezzo, che deriva dalla necessità di mantenere
una società dedita alla
ricerca e trarmissione del scienza.Ma non tutti sono disposti a
studiare anni e anni.
La maggior parte di noi vorrebbe il miracolo tecnologico, ma senza
neanche pregare
il santo scienziato o inventore, e meno che mai destinargli
un’offerta.
Pensate a quante varietà di mele esistevano cinquant’anni fa.
E a quante la tecnologia agroalimentare, unita all’economia di mercato
ce ne fornisce adesso.
La qualità in quantità, sempre e comunque, evidentemente sono una
rarità su questa Terra.
Possiamo anche fregarcene e vivere accontentandoci di pochi compagni
di viaggio, vegetali, vertebrati o
invertebrati che siano, ma tutto lo splendore della varietà
traboccante degli esseri viventi,
fa anche parte del patrimonio della nostra psiche.E’ molto pericoloso
dissipare un simile patrimonio,
senza avere qualcosa in cambio che valga più del sacrificio connesso a
tale perdita.
Nessun aumento del P.I.L. potrà mai risarcire un essere umano della
perdita
di una esistenza irrimediabilmente svanita.
Forse, tutta la ferocia che sta dilagando nella società umana,
potrebbe essere
la conseguenza dell’ accorgerci che ci stiamo defraudando  da soli.
E’ difficile trovare un equilibrio accettabile tra i nostri desideri
umani, e i limiti che l’ambiente pone
alla realizzazione di questi.E sarà ogni giorno più arduo, se non
altro perchè l’orizzonte geografico
e psicologico di ciascuno di noi, non possono estendersi di pari
passo.
Dovremmo coltivare delle menti leonardesche per riuscire in un simile
proposito.
Immaginare mille per realizzare dieci. E possibilmente movimentando
tre o due.
Per il momento sembra che sia invece un Attila ad ispirare le nostre
azioni.
E credo che se resuscitasse si spaventerebbe di noi.
Ritornando alla buona notizia, che tale considero veramente, sono
convinto
che l’uso intelligente dell’energia solare, e dico intelligente non a
caso,
sia il fondamento della salvezza dai guasti dell’era idrocarbonifera.
A patto che non ci si faccia prendere dal panico, e non ci si ostini a
considerare
la crescita materiale imperterrita come il paradigma inviolabile
dell’economia.
Anche con i pannelli solari, se non ci si astiene dai deliri
d’onnipotenza, si possono fare
delle cose pessime.Non è l’energia che ci manca, è l’armonia dei suoi
flussi.
Sulla superficie occupata dalla nostra sola ombra verso il tramonto,
arriva dal sole la stessa energia
che noi impieghiamo per sostentarci.Se fossimo capaci di raccoglierne
dieci volte tanto
già vivremmo in modo principesco.Volerne arraffare cento, mille volte
tanto, è da stolti tiranni.
Ci stiamo togliendo dalla schiavitù del bisogno, ma la libertà
godibile in questo mondo,
essenzialmente fondata sul sogno, è un velo sottile.Se gi agitiamo
troppo, si strappa.
E allora ritorna l’incubo di ritrovarci nudi in mezzo all’universale
eventualità della tormenta.
Marco Sclarandis