Bene. L’ennesimo iceberg s’è staccato dall’Antartide. Niente di nuovo,
se non fosse che è grande due volte l’isola d’Elba.
E ciò significa che è uno dei più grandi mai staccatisi dai tempi
delle misurazioni scientifiche.
E significa anche quanto sia ineludibile il cambiamento climatico
verso il quale non sappiamo se stiamo veramente preparandoci, oppure
sotto sotto non facciamo altro che cincischiare, confidando che se
abbiamo vissuto per millenni di sano fatalismo
e onorevoli superstizioni possiamo benissimo continuare un altro po’.
Molti indizi, gravi e pertinenti ci dicono che faremmo meglio a
cambiare il paradigma economico,
improntato al motto: Di tutto di più. E provare con quello: D’ogni
cosa il giusto.
Ma chi gliela va a dire una cosa del genere a tutti quelli che finora
hanno vissuto di pura sopravvivenza?
Inoltre:chi è capace di convincere miliardi di persone di che cosa sia
il giusto?
Bisognerebbe istituire un’assemblea planetaria per mettersi
d’accordo,
ma se fossimo capaci di fare una cosa simile, evidentemente ciò
significherebbe
che avremmo già affrontato alla radice la causa del problema.
Ce la caveremo, molto probabilmente, ma pagando il prezzo più elevato
pur ottenendo la stessa merce. Credo che dovremmo smaterializzare la
nostra vita.
Meno mattoni, meno carta, meno acciaio, ma pure meno pensieri, e così
via.
Ma per far ciò occorrerebbe meno frenesia. Purtroppo la frenesia non
si elimina col mocio vileda nè con mastrolindo. Non solo. Esistono
tante frenesie quante sono le persone al mondo. E ognuna va ridotta con
un rimedio specifico.
Che avete capito, non è acquistabile in nessuna farmacia
Però, camminando sotto le fronde di un bel bosco…….. camminando
in un bel bosco, possono venirci in mente degli esperimenti come
quelli che tanto piacevano ad Albert (Einstein) i cosidetti
“gedankenexperiment”
ovvero “esperimento mentale”
(vedi: http://it.wikipedia.org/wiki/Esperimento_mentale) che
sicuramente lo portarono a vedere la forza di gravità,
non come una forza inspiegabile e misteriosa, ma come, il fatto che lo
spazio
non sia qualcosa che contiene semplicemente la materia, bensì da essa
ne venga deformato.
Questa idea, della deformazione dello spazio da parte della materia e
di conseguenza
anche dell’energia, che ne è un aspetto simmetrico ma equivalente,
ha fatto esclamare a uno dei massimi fisici del secolo scorso, Richard
Feynmann,
premio Nobel e mente davvero straordinaria:
“Non so proprio come una simile idea possa essergli venuta in mente!”
Di fatto, senza un’idea simile, difficilmente avremmo oggi tra le mani
uno strumento
come il GPS che per funzionare deve assolutamente tener conto del
rapporto tra spazio
apparentemente euclideo e deformazione gravitazionale dello stesso.
Oltretutto, la forza gravitazionale, deforma anche lo scorrere del
tempo.
Non aspettiamoci degli effetti diretti così eclatanti nella ordinaria
vita quotidiana,
ma se adoperiamo un GPS, questo ne deve tenere conto a meno di non
accontentarci
di una precisione che lo renderebbe inutile per molti scopi d’uso ai
quali siamo abituati.
Ritorniamo al nostro”gedankenexperiment”.
La superfice terrestre ammonta a circa 51 (cinquantuno) miliardi di
ettari, tutto compreso.
Sembra tanto, ma pro capite, sono sette ettari e fronzoli.
E, è bene ricordarlo, in costante inesorabile diminuzione.Quando
arriveremo ad essere
10 (dieci) miliardi di abitanti diventeranno cinque, fatti salvi i
fronzoli.
Per chi non è agricoltore, o geometra o palazzinaro, sette ettari
possono significare
poco, ma dovremmo cercare di immaginarceli questi attuali sette ettari
pro capite
in tutte le loro ecologiche conseguenze e implicazioni.
Una di queste ci dice subito che dei sette in questione, cinque sono
per noi umani
praticamente inabitabili, essendo fatti di oceano aperto, deserto, sia
di roccia che di ghiaccio.
Ne restano due, e il pensare che siano per nostro uso esclusivo,
cosa che facciamo ormai da qualche secolo, si sta rivelando l´idea piu
balorda
di tutta la storia umana.
Cominciamo a pensare seriamente che noi siamo una soltanto delle
specie tra milioni di altre
che vivono su questo pianeta.
E´vero che noi ci sentiamo unici fra tutti, e di fatto lo siamo,
ed è proprio questa unicità che rischia di condannarci ad una
estinzione atroce e precoce.
Siamo unici, sicuramente almeno per una ragione:
I nostri desideri, dovuti alla nostra immaginazione e alla nostra
fantasia,
sono virtualmente illimitabili.Basta entrare in qualsiasi centro
commerciale
per averne la dimostrazione tangibile.
Tutti gli altri esseri viventi, che sono unici per altre ragioni, lo
sono collettivamente
per una ragione mirabile: sottostanno imperturbabilmente alla legge
naturale
espressa da Antoine Lavoisier (tra l´altro l´inventore del nome
“ossigeno” e della moderna
terminologia chimica) espressa tre secoli fa, che dice
“In natura nulla si crea , nulla si distrugge, tutto si trasforma”.
La rivoluzione francese è riuscita a ghigliottinare un simile
filosofo, ma, non divaghiamo.
Anzi, perché noi, pur dovendo sottostare a questa legge, cerchiamo di
infrangerla
così spudoratamente e stupidamente?
Questa è una domanda volutamente retorica, ma una possibile risposta
sta nel fatto
che non abbiamo ancora imparato a conciliare i nostri desideri con la
finitezza della nostra
culla planetaria.Possiamo sognare di realizzare castelli, strade,
mercati, templi più o meno
sacri e profani, organizzazioni mastodontiche, e pretendere che durino
quanto le presunte nostre discendenze, ma
la legge enunciata da Lavoisier non fa sconti a nessuno.
Il cambiamento del clima ne è una diretta e fulgida conseguenza.
Ogni desiderio materiale e immateriale realizzato, implica mutamento,
e in un mondo
limitato, il numero delle mutazioni tra un tempo e un altro, è
limitato pure esso stesso.
O tre, quattro miliardi di automobili come quelle in uso, e un pianeta
ridotto ad una landa desolata,
o cinque miliardi di mezzi di trasporto diversi e una terra vivibile
ancora per secoli.
Un umano in bicicletta consuma la minore quantità di energia per
chilometro percorso
e per stazza trasportata rispetto a qualsiasi altro essere in
movimento,
che sia un moscerino o una balena o un manager in carriera.
In Italia abbiamo mezzo ettaro pro capite, in Abruzzo quasi il doppio
ovvero circa ottomila metri quadrati, tutto compreso.
Se vogliamo realizzare tutti i desideri della nostre cornucopie,
questa è letteralmente
la terra di cui disponiamo.Possiamo anche scavare sottoterra, per
qualche decina di metri,
poi ci sono altri limiti che si fanno inaspettatamente avanti.
Possiamo fare di città come Pescara una novella Pesk York, perché no?
Così da dover prendere l´ascensore anche solo per fare una
passeggiata.
Oppure.
Immaginare alti mondi, reali, in cui vivere.
C´è un fatto a noi favorevole: lo strumento che ci permette di fare i
“gedankenexperiment”
dello stesso genere di quelli amati da Albert(Einstein)
consuma solo 25 wattora per ora di funzionamento.Basta rilassarsi e
metterla in moto.
Stesi sul divano o su di una vecchia poltrona.
Pensiamo a che cosa potrebbe portare l´applicazione di un
“gedankenexperiment” einsteniano
all´equilibrio tra noi umani e “il resto” dei viventi.
Vi faccio una proposta:
si tratta di raccogliere una foglia, di magnolia se amate le rime, e
di guardarla contro luce.
Una foglia di ortensia è l’ideale, ma peggio che mai va bene anche una
di lattuga.
Osservatene le nervature e considerate che quella rete
clorofillostradale, non è uscita da
uno studio di progettazione con tanto di targa d’ottone tirata a
lucido e di sito web.
Quella rete, funziona benissimo, e nonostante ciò, dura il tempo d’una
stagione o quello
necessario a mangiarsela, di un’orda di chiocciole e lumache affamate.
O la lattuga è proprio un essere inconsapevole della propria abilità
ingegneristica,
e pertanto avulso da qualsiasi logica di diritto d’autore a
salvaguardia della propria opera,
oppure c’è qualche altro motivo che spiega come mai lattughe
chiocciole e lumache coesistono
da millenni su questo bislacco pianeta.
Forse si divertono, forse sono lo stesso essere, in forma statica e
verdeggiante
e in quella lenta ma ambulante.
Vi lascio con questo machiavellico dilemma.

Ma sento già Albert sogghignare fra i campi elisi.

A presto.

Marco Sclarandis