Sono sempre piuttosto felice quando su questo blog riusciamo a proporre riflessioni da cui spesso vengono fuori discussioni e opinioni, e sono ancora più soddisfatto quando da questi momenti d’incontro vengono fuori nuove proposte e nuovi temi. E’ così che mi accorgo della partecipazione crescente di tutti Voi a questo progetto, che si arricchisce dei Vostri contributi divenendo quindi sempre piùun luogo (virtuale) deputato alla critica e all’approfondimento, (senza dimenticare ironia e leggerezza).
Così oggi il CAP può presentarvi una nuova rubrica, a cura di Angelo Bucci, che affonda le radici sempre in quel fertile terreno che è il Progetto, per incontrare il mondo del Design.
Cercheremo di farlo parlando a 360° di design in tutte le sue declinazioni: dalla grafica, alla moda, dal forniture design, al car design, dal web, alla didattica passando per la storia della disciplina e per i suoi maestri, confrontandola con il territorio, per cercare di capire cosa vuol dire oggi Disegno Industriale in Abruzzo e come può questa regione ricreare quella sinergia tra scuola, azienda e professione, e come può creare nuove realtà produttive e creative sul territorio muovendo un indotto.
Vi propongo quindi con piacere, la prima di una serie di riflessioni curate da Angelo, che partendo dalle definizioni e dai concetti basilari ci guideranno in un percorso attraverso passato e presente del design in Abruzzo e in Italia per giungere di volta in volta ad una serie di considerazioni critiche, definendo cause e suggerendo proposte.
“Il nostro territorio è stato fucina di menti creative nel settore del design, del marketing, dell’arte, ed ha dato vita ad aziende di successo che hanno reso possibile un notevole sviluppo economico della regione. Quelle aziende, quelle capacità, stanno sparendo? …
…Il nostro territorio ha le potenzialità per sviluppare prodotti “a km 0”, prendendo, cioè, sia la parte creativa che quella produttiva dalla stessa regione, facendo scattare quel corto circuito tra progettisti ed aziende al fi ne di sviluppare una sinergia produttiva per tutti.
Unico modo per ottenere questo incontro è creare dei momenti di confronto tra aziende e progettisti, attraverso concorsi, mostre, attraverso quegli enti formativi, presenti sul nostro territorio, che, con ricerche mirate alle necessità aziendali, possono dare nuova linfa vitale all’imprenditoria abruzzese… “
Di seguito trovate il testo completo in formato pdf: Design e(’) Cultura
Sono convinto che tutta l’Architettura della costruzione abbia molto da imparare dal metodo del Design e soprattutto dal suo rapporto con l’industria.
si questa è una riflessione interessante…in effetti il design e il suo approccio con l’azienda potrebbero costituire un riferimento importante, anche se ad oggi credo che da questa disciplina l’architettura abbia appreso (travisandone i contenuti) solo un approccio “mondano” e la tendenza a creare architetture-oggetto.
Sono d’accordo, ad alcune opere di architettura mancano solo la scatola e il prezzo, e potrebbero essere vendute tranquillamente in negozio.
Parlavo infatti del “metodo” di progettazione, inteso come iter di approccio al problema.
certo l’approccio che del disegno industriale potrebbe rimettere in gioco l’architettura…e magari potrebbe costituire lo stimolo e l’incipit x un ritorno in auge dell’architettura italiana e dei giovani architetti!
Se l’architettura tentasse l’approccio del disegno industriale rinuncerebbe a quella che credo sia una componente essenziale: il contesto. Per quanto mi riguarda, in gran parte, disegna il progetto.
Rispondo con una mia personalissima opinione.
Nel design il contesto rappresenta invece il primo passo, il più importante: l’analisi di mercato.
L’analisi di mercato è un’analisi di contesto a tutti gli effetti (anche se di tipo specialistico). Essendo questa la prima cosa che si fa quando si vuole progettare qualsiasi oggetto (perchè altrimenti il prodotto non viene venduto), dovremmo imparare dal design proprio per tale motivo.
E’ chiaro che un architetto non può basare la sua analisi di contesto sul mercato (contesto specifico del design), ma, come già detto, conta il metodo.
Sono daccordo, ma in parte: il targhet, le analisi sociologiche e di mercato prevedono delle generalizzazioni, mentre il contesto fisico prevede la spacificità e l’irripetibilità, la ricerca dell’identità, l’unicità dello stesso metodo.
Forse questa considerazione rivela una sorta di ottusità in me, ma la espongo perchè sono felice di metterla in discussione.
E’ da poco che vedo prendere piede l’uso dei concorsi, magari più da enti che da aziende “grandi”.
Vedo un territorio inesplorato qui anche nel campo del marketing o del messaggio “debole ma forte”, c’è molta paura di sperimentare e tra l’azienda e il progettista c’è un divario..
Ci vorrebbe una bella scarica di energia!