Clof, clop, cloch, cloffete,
cloppete, clocchette, chchch…
È giù, nel cortile, la povera fontana malata;
che spasimo! Sentirla tossire.
Tossisce,tossisce,un poco si tace… di nuovo.
Tossisce. Mia povera fontana, il male
che hai il cuore mi preme.
Si tace, non getta più nulla.
Si tace, non s’ode rumore
di sorta che forse…
che forse sia morta?
Orrore…………………..
da “La Fontana malata” di Aldo Palazzeschi
C’era una volta a Pescara la fontana di via Luisa D’Annunzio, in pineta sud, davanti l’edificio dell’ex Aurum, meta di centinaia di persone che ogni giorno facevano la fila per rifornirsi di acqua purissima, freschissima, senza cloro , un ‘acqua proveniente direttamente dalle falde della Majella.
Ora la fontana è transennata e secca, insomma disabilitata.
Non sappiamo se è in fase di ristrutturazione o se il punto idrico sarà definitivamente eliminato.
La fontanella pubblica è un romantico ed utile retaggio di un passato da non ripudiare, quando i viandanti, la gente comune, i bambini, tutti, non trovavano di meglio e di più rinfrescante, soprattutto nelle canicolari giornate afose di agosto di rinfrescarsi e bere a garganella ; i bar allora non c’erano o ce n’erano pochissimi e riservati alle classi sociali più abbienti e, avere quel refrigerio a sbafo, gratis, era certamente da considerarsi un toccasana, quasi terapeutico.
Per non parlare della rappresentazione artistica della pubblica fontana nella letteratura e nella cinematografia del neo realismo italiano; potremmo citare una per tutte la scena del film “La dolce vita” di felliniana fattura in cui Marcello Mastroianni ed Anita Ekberg s’immergono nella fontana di Trevi e mirabilmente rappresentano una scena densa di tanti significati: la frescura, l’erotismo…….
Con l’avvento dell’urbanizzazione delle città e anche nei centri minori, le prime infrastrutture a farne le spese sono state proprio le fontanelle pubbliche.
In primis si sono regolamentate ed è valsa l’abitudine quando si notava una fontanella pubblica sgorgare continuamente acqua, s’inseririrono le manopole per aprire e chiudere il getto. Il minore spreco d’acqua ridusse la spesa comunale e quindi anche le imposte pagate per finanziare la spesa pubblica.
Addirittura , come da notizia recentissima , in talune città s’è arrivato all’obbrobrio, come in Umbria ed a Perugia, in cui la Regione e i principali Enti locali hanno inaugurato una serie di fontanelle automatiche a pagamento, eroganti acqua dell’acquedotto, addizionata di anidride carbonica.
La tendenza in atto è quella di chiudere le fontanelle pubbliche gratuite, motivando la scelta con il presunto pericolo di mancato controllo dell’acqua, e aprire fontanelle di acqua frizzante a pagamento. Si pagheranno infatti 5 centesimi al litro: l’acqua potabile che sgorga dai nostri rubinetti costa 50 volte di meno! E’ un evidente sperpero di denaro pubblico, visto che si tratta di erogatori pagati dagli Enti pubblici e sembrerebbe l’ennesimo insulto all’ intelligenza dei cittadini.
Anche a Venezia sopprimono le panchine e fontanelle, ( i turisti sono obbligati ad andare al bar) e forse ….anche Pescara tristemente si adegua.
Il problema “acqua” è allarmante. Molte volte lo sentiamo dire come se fosse un problema d’abitudine, ma Pescara effettivamente non ha più fontanelle e quelle poche che sono rimaste non sono per niente invitanti…alcune di cemento armato, alcune sembrano fatte di plastica. Brutte e scomode. Il messaggio è chiaro e si allinea con la direzione globalizzata di privatizzare l’acqua, e quando privatizzi l’acqua sai cosa succede: aumentano le tasse e diminuisce la qualità dell’acqua. Aumenta la gente che ci deve mangiare sopra e diminuisce la sicurezza..e anche la quantità di acqua che si preferisce intubarla verso strutture private allo scopo di rivenderla.
Non dovrebbe essere un nostro diritto? Non possiamo gestircela noi la nostra acqua?
l’erogazione di acqua da dispositivi (le fontane appunto) pubblici mi sembra un grande segno di civiltà tanto antico quanto avvenieristico, anzi direi senza tempo! e il quadro che ne viene fuori è spaventosamente coerente con i piani di privatizzazione dell’acqua.
da questa riflessione ne nascono molte altre, come ad esempio il cambiamento delle abitudini sociali a seguito dei cambiamenti “infrastrutturali” e quindi, a cascata, tutte le modificazioni nel modo di vivere lo spazio pubblico e più in generale la città!