Il 30 luglio scorso è stato tradotto in legge il decreto n.78 del 31 maggio 2010 che prevede insieme all’approvazione della manovra finanziaria per il 2011 anche l’introduzione di alcune norme in merito all’emersione del patrimonio edile fantasma, alla competitività a alla semplificazione e snellimento delle pratiche per l’inizio di nuove attività e il rilancio del settore edile.
La Scia, (Segnalazione certificata di inizio attività) è stata introdotta infatti come strumento da utilizzare per l’avvio delle imprese in sostituzione alla Dia, Dichiarazione di inizio attività. L’uscita della norma ha suscitato perplessità in merito alla sua applicabilità (all’inizio non era certo nemmeno fosse applicabile al settore edile). Ed immediatamente regioni a statuto autonome e associazioni di regioni a statuto normale hanno alzato una levata di scudi contro il provvedimento rivendicando il diritto ad amministrare e governare le trasformazioni del proprio territorio; c’è da dire che altrettante si sono adoperate nel senso opposto cercando di dare subito una interpretazione e un’applicabilità allo strumento.
Infatti, secondo l’Associazione dei comuni regionali, guidata dalla regione Toscana, la Dia come strumento e perno di un sistema organico di regole, in deroga alla Legge 241/1990,  non può essere modificata da una legge generale (l’eliminazione della Dia prevista dal Tue-testo unico sull’edilizia, attraverso un emendamento inserito in un decreto di tutt’altra competenza). Per lo più sembra bizzarro (come nello stile italico è sempre più frequente) che la norma non sia stata formulata dal ministero per le Infrastrutture (vero organo competente in  materia), ma che sia stata introdotta in un ben più ampio pacchetto e votata ponendo la fiducia in parlamento.
Nello specifico comunque la Scia consente di avviare un’attività produttiva senza aspettare il via libera dell’amministrazione (salvo controlli entro 60 giorni). Questa viene applicata agli interventi di costruzione prima soggetti a Dia (inizio attività dopo 30 giorni), vale a dire, attività come la manutenzione straordinaria su parti strutturali, il restauro (che poi a seconda del comune, come accade a Pescara hanno accezioni molto late prevedendo in alcuni casi anche la demolizione e ricostruzione del fabbricato), la ristrutturazione “leggera” (ai sensi dell’art. 10 del Tue); restano fuori dalle possibilità di applicazione della Scia le ristrutturazioni più rilevanti (ampliamenti e nuove costruzioni) per cui si impone ancora come necessario il ricorso a permesso di costruire e Super-Dia.
Il ministero della Semplificazione chiarisce infatti che la Scia non si applica agli interventi edilizi ad oggi soggetti a permesso di costruire.
Grazie a questo strumento pertanto è possibile l’inizio dei lavori nel giorno stesso della segnalazione all’amministrazione preposta, senza attendere i 30 giorni consueti, ferma restando la possibilità di effettuare verifiche in corso d’opera.
“Inoltre la manovra prevede lo snellimento delle procedure legate alla conferenza di servizi. Anche nei casi in cui è richiesta l’autorizzazione paesaggistica acquisito l’assenso dell’amministrazione il cui rappresentante non si sia espresso in modo definitivo, fatta esclusione per i provvedimenti in materia paesaggistico-territoriale, di Via, Vas e Aia”. Preoccupa quindi il fatto che il silenzio assenso valga anche per gli enti che operano nella tutela ambientale, salute e pubblica incolumità.
Va detto che nonostante l’intento positivo di semplificare l’impianto procedurale e il faldone delle scartoffie da produrre il risultato raggiunto sembra piuttosto il contrario, avendo reso meno chiara l’applicabilità dello strumento come ad esempio accade per le manutenzioni straordinarie con vincolo, per le quali fino ad oggi era sufficiente una Dia con nulla-osta da parte della soprintendenza, ora pare invece necessario il permesso di costruire con nulla-osta.
A maggior ragione le dichiarazioni dell’Ance circa la presunta incentivazione del settore edile che la Scia dovrebbe apportare sono pessimistiche, le banche infatti, non concedono prestiti se non in presenza di permesso di costruire o silenzio-assenso, trasformando il provvedimento in un inutile contenitore di complicazioni.
Citazioni e approfondimenti su:
Il Giornale dell’Architettura (n. 87 settembre-ottobre 2010)