Dopo una lunga assenza torna in gran forma la nostra rubrica più amata! E con l’anno nuovo come sarebbe potuta mancare?!

Ma ancora una volta mi soffermo su una costruzione che si colloca sulla linea di confine che separa la “palazzina” in senso stretto (edificio multipiano volumetricamente consistente riccamente decorato o volgarmente composto) da quella che sempre più spesso si configura come la nuova forma di residenza (solitamente bifamiliare) caratterizzata da una spiccata propensione al kitch, alle decorazioni pseudo-classiche, e all’eclettismo.

Una nuova ponderata miscela quindi tra l’oscenità volumetrica, l’abuso, la volgare colata di cemento, e le composizioni neogotiche e neoclassiche in stile disneiano! Miscela che fa scempio del paesaggio urbano, a mio parere, più di quanto non possa un complesso ad alta intensità abitativa o un imponente centro commerciale (ovviamente se ben progettati). Voglio cioè dire, che paradossalmente risulta più dannoso e irreversibile l’inserimento di piccoli tasselli di cattivo gusto nel tessuto di completamento cittadino, dotati di un’enorme forza epidemica sull’immediato contesto (sono infatti estremamente contagiosi rispetto al comparto nel quale sorgono), piuttosto che invasivi, ma ben definiti, interventi su larga scala.

Alcune considerazioni sull’esempio qui riportato.

L’edificio si trova su Via dei Peligni a Pescara, presenta tutte le tipiche caratteristiche della sua “specie”: abbondanza di modanature in cls, aspetti manieristici nel trattamento delle stesse, come la cornice del secondo piano che in corrispondenza della finestra si interrompe; non mancano poi le balaustrine rinascimentali presumibilmente in gesso a decorare i balconi, e ancora le arcate a sesto ribassato; e poi come non inserire le ambitissime colonne, che come sempre sono di libera interpretazione dei modelli classici (in questo caso forse una semplificazione del tuscanico?); e dulcis in fundo, un bel timpano, monumento e omaggio al tempio del focolare domestico!