Un ricordo recente legato al terremoto di L’Aquila 2009 è rappresentato dalle tante immagini di monumenti, in passato quasi ignorati dall’interesse nazionale, come la più sponsorizzata “Santa Maria del Suffragio” di piazza Duomo e la sua cupola disegnata dal Valadier.

Molti di questi sono frutto di rimaneggiamenti datati anni sessanta/settanta; S. Pietro di Coppito, crollata nel terremoto del 1703 e restaurata nel 1862 è uno di questi esempi di ripristino avvenuto tra il 1969 e il 1971 a opera di Mario Moretti, soprintendente dell’epoca (nelle immagini esempi del prima e dopo l’intervento).

Ad oggi non riesco a trovare un nesso tra le due facciate, sfido chiunque a “trovare tutte le differenze”. Il restauro di ripristino, come dice lo stesso Moretti , è una delle imprese che si prestano a facili critiche sull’operato del Soprintendente responsabile. Effettivamente è pesante la responsabilità di cambiare i segni della nostra identità culturale anche se si tratta di stratificazioni architettoniche “deboli”.  Creare dal nulla l’immagine turistica di un meridione duro e primordiale, sopratutto attraverso queste operazioni sacrificali su monumenti complessi, sembra non aver fatto innervosire nemmeno la testa più calda della cittadinanza; ha però fatto sollevare dure critiche da vari teorici, uno fra tutti Bruno Zevi. Per altri è stato anche un atto coraggioso (Bruno Vespa, Aquilanitas) quello di portare all’antico splendore, come se fosse certificato lo splendore, Collemaggio e altre importanti chiese aquilane, senza tralasciare gli altri ripristini in tutto l’Abruzzo.    

Limitarsi ad essere pro o contro un modo di agire di trent’anni fa è riduttivo, viene da chiedersi oggi come risolvere casi anche ben più gravi di questo, senza ricorrere a effetti speciali e scenografici, e come poter far leggere attualmente questi monumenti con le sue trasformazioni mimetiche.

– Mario Moretti, “Restauri d’ Abruzzo (1966-1972)” , De Luca Editore – Roma