Dal nostro punto di vista odierno, forse privilegiato…ma abbastanza confusionario, possiamo tranquillamente dire che un segno urbano potrebbe avere la forza di rivoluzionare un contesto ambientale “storico” ed accentrare attenzioni su di esso, con tutte i rischi che ciò potrebbe comportare. Nel 1976 grazie a Franco Summa e La Cantina di Jozz, in via delle Caserme partì una nuova storia pescarese da raccontare.

Anche in questo modo si trasformano le città, ripensando a Borgo Marino nord non tutte le epoche storiche sono così fortunate da incontrare persone illuminate che riescono con gesto a “rivoluzionare” le città.

Franco Summa si racconta così sui social:

Una storia Pescarese: La Cantina di Jozz in via delle Caserme
Trentatrè anni fa Pescara Porta Nuova era sostanzialmente nelle condizioni in cui l’aveva lasciata la guerra. Su Via delle Caserme la maggior parte delle case presentava i segni dell’incuria e dell’abbandono: intonaci scrostati, tetti fatiscenti, solai crollati all’interno di finestre senza infissi. Nei locali a piano terra, per la maggior parte sbarrati, solo alcuni artigiani ancora attivi: uno stagnaro, un ferrivecchi, un falegname…. Non c’era ancora l’asse attrezzato a occupare il lungofiume con i suoi pilastri e opprimere con la sovrastante lastra di cemento e asfalto quel paesaggio carico dei sensi delle “Novelle della Pescara”. C’era già il Ponte D’Annunzio che aveva tagliato in due Vie delle Caserme e i due recenti edifici attestati all’imbocco sud che alteravano negativamente la fisionomia del sedimentato paesaggio urbano della Pescara vecchia. L’edificio a stecca dell’ex Caserma Militare, ex Bagno penale Borbonico rivelava ancora i colpi dei proiettili degli aerei alleati (ora visibili all’interno del Caffè Letterario) e della bomba, destinata al ponte ferroviario, che ne aveva squarciato un settore nel punto in cui oggi si trova l’ingresso al Museo delle Genti d’Abruzzo e che allora si presentava come una piazzetta aperta verso il fiume.
Nel 1976, dunque, quel luogo era molto diverso da come appare oggi. Ma è proprio allora che inizia quella trasformazione che lo ha progressivamente portato ad affermarsi come luogo di attrazione ed incontro che oggi lo caratterizza. Nella primavera di quell’anno avvengono due fatti che possono essere considerati avvio di quel processo di riqualificazione che ha restituito vitalità ad un luogo urbano ormai completamente decaduto, ma che ai primi del novecento era ancora un centro pulsante di vita. Un giovane imprenditore decide di aprire un ristorante tipico su Via delle Caserme. Un artista “ambientale” realizza sulla stessa via un intervento artistico. Tra i due avviene l’incontro nella fase di preparazione delle rispettive iniziative. Mentre Gianni Giannandrea sta ristrutturando con le proprie mani un locale per renderlo idoneo ad accogliere il suo progetto di ristorazione qualificata, Franco Summa con i suoi allievi Ivano Villani, Franco Nicolini e Mario Brunetti sta mettendo a fuoco un segno da inserire nel contesto ambientale della vecchia Pescara. Sarà proprio Gianni detto Jozz a prestare la doppia scala a pioli a Summa per realizzare il cerchio giallo, quel segno che proponeva una “rilettura” e reinterpratazione critica del contesto ambientale. Un segno su quella che era stata una “casa chiusa”, una “casa di piacere” che D’Annunzio ricordava come la “dolce casa”. Un segno, dunque, significativamente in rapporto con le dimensioni dell’architettura e i suoi elementi; come il colore dei mattoni, l’arco in pietra della porta murata, il legno del portone sbarrato del piano terra, ma anche i racconti e le memorie ad esso legati.
Il titolo che Summa conferisce all’opera indica possibili direzioni di lettura. “Histoire d’O” o “O Istoria” che può essere letto come “zero in storia” (per chi dimentica o violenta il passato) oppure come una “O” esclamativa; una “O” di sgomento per gli interessi negativi che si insinuano nella vita della città. L’artista concettuale Joseph Beuys, in quegli anni spesso a Pescara ospite di Lucrezia De Domizio, chiede di poter conoscere l’autore dell’opera. L’incontro con l’artista pescarese avviene nel Palazzo Durini di San Silvestro Colli. L’opera vive un decennio; dieci anni dopo la sua realizzazione l’ex casa di piacere viene abbattuta. Se, però, “O Istoria” non c’è più continua tuttavia a vivere nelle immagini; documentata nella Biennale d’Arte di Venezia nel 1976 viene riprodotta su libri e riviste. Tra i primi a pubblicarla Paolo Portoghesi sulla rivista “Controspazio”. Poi Bruno Zevi su “L’Architettura Cronaca e Storia”; Alessandro Mendini su “Casabella”; Giorgio Di Genova su “Storia dell’Arte del Novecento”; Enrico Crispolti su “AD”.
Nel frattempo “La cantina di Jozz” si è acquisita una notevole notorietà e risonanza: tutte le guide enogastronomiche la citano per la qualità della sua ristorazione. Sono nate altre iniziative di ristorazione, circoli privati, nuovi negozi, che caratterizzano ulteriormente l’immagine del luogo. La ripavimentazione di Corso Manthoné e Via delle Caserme completa il processo di riqualificazione, in cui soprattutto determinante risulta quella sensazione di familiare intimità che vi si percepisce.
Gianni Giannandrea riprende oggi la gestione diretta della Cantina di Jozz, che aveva per un decennio affidato ad un suo collaboratore. Il locale seppure completamente rinfrescato ripropone il suo carattere di luogo di simpatia dove sono passati grandi personaggi ed artisti e dove nel 1986 è stata accolta l’opera di Summa costituita da un frammento del portone della “dolce casa” con una parte del cerchio giallo. Un’opera che l’autore ha, in questi giorni, restaurato per restituirla alla valenza iniziale di opera segno-memoria abbinandola ad una immagine, riportata su carta-cotone, che riproduce la vista del “centro storico” pescarese così come appariva nel 1976 prima della realizzazione di quell’errore ambientale che è l’asse attrezzato.