San Demetrio ne’ Vestini: orazione in memoria di un suicidio collettivo

    La realizzazione delle progettata, enorme e spropositata cava di materiale inerte a San Demetrio ne’ Vestini non sarà – come pensano ingenuamente in molti  – l’atto iniziale di una nuova prosperità economica ma l’atto finale di un dramma, la cui conclusione non potrà che essere il “suicidio” collettivo della comunità sandemetrana.

    Si tratta di un’autentica tragedia, la cui rappresentazione non nasce ai giorni nostri ma è cominciata molti decenni fa, all’indomani della  seconda guerra mondiale, quando si dissolse e scomparve la vecchia classe dirigente che aveva governato questo paese abruzzese nei secoli passati (nobili, proprietari terrieri, professionisti, uomini di cultura, preti). Nell’occasione, come è noto, si fece avanti una nuova classe dirigente: commercianti, artigiani e alcuni neolaureati.

    Da quel momento cominciò l’avvento di un certo benessere materiale. La nuova classe dirigente di San Demetrio è riuscita via via a risolvere molti problemi di carattere concreto  (lavori pubblici, case, lavoro, pensioni, piccole attività imprenditoriali)  ma si è dimostrata assolutamente inadeguata –  nei decenni passati – a far fronte alle questioni di carattere spirituale, di natura culturale e identitaria, che riguardano la coesione sociale e quindi l’agire collettivo. Anzi se ne è disinteressata perché non ne ha afferrato l’importanza: il commerciante e l’artigiano di vecchio stampo erano per loro natura materialisti e individualisti, e perciò hanno sempre considerato inutile l’azione collettiva e ideale. Anzi, alcuni di essi la giudicano controproducente per i propri particolari interessi.. Ed è proprio da questa indifferenza alle problematiche ideali e comuni a tutta la collettività che ha preso corpo il dramma di San Demetrio. Nel senso che si è verificata una disgregazione degli antichi legami fra gli abitanti e dell’antica capacità di agire collettivamente, come un’autentica comunità di persone. Una debolezza morale, questa,  che si è rivelata fatalmente negativa nei momenti più difficili e complessi che il paese ha dovuto e deve affrontare.

    A tutto ciò va aggiunta un’altra grave circostanza negativa, che ha contribuito nei decenni a disgregare e a dissolvere l’anima collettiva del paese: il fatto che a San Demetrio, per varie ragioni, sia venuta totalmente a mancare, da oltre mezzo secolo, una vera guida spirituale da parte di preti e di parroci degni di tal nome. Perciò, quando un “forestiero” dotato di senso critico giunge per la prima volta a San Demetrio riceve subito, netta, la sensazione di una comunità a cui manca un timoniere ed è, quindi, come una barca alla deriva dal punto di vista spirituale, oltre che dal punto di vista culturale e identitario. E tale sensazione viene poi, sempre puntualmente confermata.

    L’ultimo atto della tragedia – e lo si dice con dolore, per l’amore che si porta a San Demetrio – ora  sta per attuarsi, con la vicenda della mostruosa cava in progetto. Non si può non provare pietà e commiserazione per  un paese che, con tanti secoli di storia alle spalle, verrà aggredito, stritolato, distrutto. E i cui abitanti, in pochi anni, si ammaleranno tutti indistintamente ai polmoni a causa delle POLVERI SOTTILI che saranno prodotte dagli scavi e che si propagheranno per tutta la valle. Altro che nuovo benessere, qui si va verso il suicidio collettivo!

    Non a caso, infatti, un progetto simile – in apparenza economicamente allettante ma in realtà distruttivo – è stato rigettato senza tentennamenti da una città come Sulmona, i cui abitanti e amministratori sanno ben difendere, e con lungimiranza, i propri autentici interessi .    

    Non così a San Demetrio, con la sua comunità debolissima, dotata di scarsa o nulla identità, con poca coscienza di sé e dei propri veri interessi . Mentre la sua classe dirigente si dimostra avida e inetta,  e perciò succube dei primi venuti, come in questo caso i gestori delle cave e i loro sponsor. Una classe dirigente indegna di tal nome, che in maniera irresponsabile e incosciente sta portando il paese intero all’autodistruzione. Al suicidio, appunto, come si diceva.

    Questa classe dirigente di San Demetrio ha un solo modo per evitare il proprio storico fallimento, nonostante il qualcosa di positivo fatto nei decenni passati: deve impedire che lo scempio della “megacava” venga compiuto, per il bene del paese e per la salute delle future generazioni, dei suoi stessi figli. Altrimenti, oltre che riflettere sul proprio fallimento, questi personaggi dovranno in aggiunta domandarsi che cosa ci stanno a fare a questo mondo…

Giorgio Mendicini.