Di seguito riportiamo il comunicato stampa inviatoci da ECOVIE (www.ecovie.it) :

L’Espresso: “L’Eni in riserva, la produzione arranca, il titolo in Borsa anche”

 No all’Abruzzo outlet del petrolio   Ecovie: “Gli amministratori che cedono al ricatto dell’azienda dimostrano di non avere a cuore il futuro della regione e dei suoi cittadini”

L’Eni è rimasta in riserva. La produzione arranca. Il titolo in Borsa anche. E così il presidente Paolo Scaroni è costretto allo shopping di pozzi. Dall’Alaska fino al Congo. Facendo crescere l’indebitamento dell’azienda”.

Non lascia spazio a dubbi il settimanale L’Espresso nel numero di questa settimana. L’Eni è in difficoltà e il Centro Oli di Ortona non è che uno dei tanti tasselli della corsa ai pozzi della multinazionale a sei zampe, quando è ormai chiaro che la strada da percorrere è quella dell’investimento nelle fonti rinnovabili. Le royalties per la Regione ammonterebbero a 15milioni di euro spalmati su 15 o 20 anni, l’equivalente di un decimo del mercato annuale del vino nei soli dintorni della raffineria (150 milioni di euro) a fronte di costi ambientali elevatissimi.  “Si sta mettendo a repentaglio il nostro sviluppo di lungo periodo  – ha dichiarato Antonio Bianco, ricercatore in economia politica e coordinatore del gruppo Ecovie –. Fa bene la Uil ad auspicare uno sguardo complessivo sulla vicenda. Il primo punto da chiarire in questa direzione riguarda il porto di Ortona: se davvero vogliamo difendere il suo ruolo di approdo commerciale e industriale dobbiamo respingere l’idea di farne un porto petrolifero, essendo le due destinazioni tecnicamente incompatibili. In secondo luogo, l’industria petrolchimica rende più vulnerabile il sistema economico regionale, in quanto fortemente lesiva delle altre forti attività nella zona: l’industria meccanica o elettronica stanno bene a tutti, quella petrolchimica ha tutt’altra natura, incompatibile con i settori di punta dell’economia regionale. Se le bottiglie di vino prodotte in Abruzzo si vendono a 50 o 100 euro, nel Chianti non dobbiamo andarci, ci siamo già. Inoltre  – continua il coordinatore di Ecovie – per valutare con l’auspicato massimo di garanzie e di trasparenza l’impatto della raffineria e del piano di trivellazione (che interessa l’intero Abruzzo) si devono rifiutare le autocertificazioni dell’Eni, che occupa una posizione di palese conflitto di interessi, e coinvolgere scienziati indipendenti, quali ad esempio Maria Rita D’Orsogna e Thomas Chou, docenti all’Università della California e autori di un aggiornato studio sugli effetti dell’inquinamento da idrogeno solforato. E quando i vertici Eni affermano che negli altri paesi tali opere non subiscono intralci, dovrebbero ricordare che, se in Italia il limite alle emissioni di idrogeno solforato è 10 parti per milione, in Canada è 0.003 parti per milione. Ovvero, da noi la tolleranza è di 3-4mila volte superiore. Resta infine da accertare – conclude Bianco – se il segretario generale della Presidenza della Giunta regionale Lamberto Quarta abbia agito su mandato del Consiglio Regionale alla vigilia, lo ricordiamo, di una sua delibera di legge, oppure in violazione della sovranità dell’assemblea. Le minacce dell’Eni valgono poco dal punto di vista giuridico: il comune di Ortona non ha rilasciato la concessione edilizia e il piano dell’azienda non è abbastanza dettagliato per poter essere esaminato  seriamente”.