Cari tutti,
 data la rilevanza inquietante e internazionale della vicenda vi invio il
 nostro comunicato stampa sul disastro ambientale di bussi.
 Cordiali saluti,
 Augusto De Sanctis
 WWF   Abruzzo

Scandalo di Bussi e dell’acqua potabile della Val Pescara.
Un disastro di portata europea sulla pelle di 500.000 abruzzesi.
Il WWF protagonista nella scoperta e nella denuncia.

Domani mattina conferenza stampa a Pescara del WWF.

La chiusura delle indagini sul disastro ambientale di Bussi e della
questione dell’acqua distribuita a 500.000 cittadini della Val Pescara
(comprese le città di Chieti e Pescara), rappresenta un’ulteriore,
importantissima conferma delle denunce presentate dal WWF nel corso
dell’ultimo anno.
Come si ricorderà, una parte dell’inchiesta è scaturita dalla segnalazione
dell’Associazione che, a luglio 2007, aveva fatto analizzare l’acqua dei
rubinetti della Val Pescara, provenienti dai Pozzi Sant’Angelo, a valle
delle megadiscariche abusive di Bussi, riscontrando alte concentrazioni di
contaminanti, tra cui il Tetracloruro di Carbonio e l’Esacloroetano
(sostanze tossiche per fegato e reni: la prima classificata come possibile
cancerogena per l’uomo). Successivamente, nonostante le smentite di alcune
delle persone attualmente indagate, tra cui il presidente dell’Azienda
Consortile Acquedottistica, Bruno Catena, e l’allora presidente
dell’Ambito Territoriale Ottimale sull’acqua, Giorgio D’Ambrosio, il WWF
aveva dimostrato come molti Enti fossero a conoscenza dell’inquinamento
dei pozzi Sant’Angelo fin dal 2004, senza però aver mai provveduto ad
informare i cittadini.
Dichiara Dante Caserta, Presidente del WWF Abruzzo: “Siamo di fronte ad
uno scandalo di livello europeo che coinvolge quella che era la più grande
azienda chimica italiana: nella valle dei fiumi Tirino e Pescara è stata
realizzata la più grande discarica abusiva di rifiuti tossici d’Europa. Il
quadro di inquinamento emerso dalle indagini è di proporzioni
inimmaginabili, visto che le sostanze tossiche e cancerogene in falda
superano i limiti di legge per centinaia di migliaia di volte. La
situazione è ancora più grave perché questo inquinamento ha determinato la
distribuzione a circa 500.000 persone di acqua che l’Istituto Superiore di
Sanità, smentendo l’Azienda Consortile Acquedottistica, l’Ambito
Territoriale Ottimale e la ASL, ha dichiarato “non idonea al consumo
umano”. È il completo fallimento del sistema di gestione, controllo e
prevenzione dell’acqua denunciato dal WWF in questo anno e oggi portato
alla luce grazie all’impegno del Corpo Forestale dello Stato guidato d!
al Dr. Guido Conti e dalla Magistratura nella persona del Pm Aldo Aceto.
Le responsabilità dei singoli saranno accertate dalla Magistratura,
verificando così anche la situazione di quanti in questi anni sapevano e
non hanno fatto nulla.”
Domani, sabato 24 maggio alle ore 11:00 con appuntamento in piazza Italia
a Pescara (davanti al Comune) conferenza stampa dell’associazione.

Disponibile via e-mail per i giornalisti una cronistoria con i principali
documenti

 INFO: 3683188739 (Augusto De Sanctis), 3358155085 (Dante Caserta)

PESCARA. Dopo poco più di un anno dalla scoperta della discarica di Bussi
e poco meno di 12 mesi dallo scoppio dello scandalo dell’acqua inquinata
arriva il primo atto importante e pubblico della procura di Pescara che ha
inviato nei giorni scorsi 33 avvisi di garanzia. I reati contestati sono
avvelenamento delle acque, disastro doloso, commercio di sostanze
contraffatte ed adulterate, delitti colposi contro la salute pubblica,
turbata libertà degli incanti e truffa.
Gli avvisi di garanzia -che consistono nella comunicazione agli indagati
di essere sotto accertamento della magistratura- metteranno in condizione
i presunti responsabili di compiere i primi atti difensivi e, dunque, di
conoscere nel dettaglio le prove raccolte in molti mesi di indagine.
L’operazione della Procura, coordinata dal pm Aldo Aceto, ruota attorno
alle responsabilità che hanno portato alla creazione di quella che è stata
definita la «discarica tossica più grande d’Europa» (nel silenzio
totale di istituzioni e cittadini) e sulla scoperta nel 2004
(ma resa pubblica solo nel 2007) di veleni contenuti nell’acqua degli
acquedotti gestiti dall’Aca.
Il sito, scoperto lo scorso anno dal Corpo delle Guardie Forestali di
Pescara, è stato accertato essere il deposito dove venivano smaltiti
illegalmente materiali tossici dall’industria chimica pesante dagli anni
’60 agli anni ’90.
Si tratta di tonnellate di sostanze pericolose per la salute che hanno
inquinato i pozzi che servono l’area metropolitana Chieti-Pescara.
Tra i reati contestati a dirigenti Aca, Ato, industria chimica e enti
pubblici, passati e presenti, c’è l’avvelenamento dell’acqua, il disastro
doloso, la turbativa e la truffa.
Le analisi scoprirono la presenza di sostanze tossiche e cancerogene come
tetracloruro di carbonio, esacloroetano, meta-crilonitrile sostanze
che -secondo la medicina- possono provocare seri danni agli organi interni
come fegato, reni, colon.
Fra i 33 destinatari di avvisi di garanzia vi sono Giorgio D’Ambrosio
(Pd), in qualità di presidente dell’Ato, Donato Di Matteo (Pd), presidente
del Cda dell’Aca, Bruno Catena (Pd) presidente dell’Aca, Bartolomeo Di
Giovanni direttore generale dell’Aca, Lorenzo Livello, direttore tecnico
dell’Aca, Roberto Rongione responsabile Sian della Asl di Pescara e
Roberto Angelucci (Pdl) ex sindaco di Francavilla.
I 33 indagati devono rispondere a vario titolo di reati quali
avvelenamento delle acque, disastro doloso, commercio di sostanze
contraffatte ed adulterate, delitti colposi contro la salute pubblica,
turbata libertà degli incanti e truffa.
Reati che appaiono gravi in considerazione di come è stata gestita la
vicenda ed i rischi che sarebbero stati corsi da una popolazione stimata
in 500mila persone raggiunta dall’acquedotto gestito dall’Aca.
Mai in oltre 12 mesi è arrivata una sola debole ammissione da parte degli
enti preposti ai controlli e alla distribuzione dell’acqua. Si è sempre
preferito rigettare al mittente le preoccupazioni certificate e
documentate della presenza di sostanze cancerogene che non dovevano finire
nei nostri bicchieri.
Da parte dell’Aca, per esempio, e del suo presidente sono arrivate sempre
smentite quotidiane circa la pericolosità della situazione in atto.
Sarà ora la magistratura a valutare eventuali responsabilità ulteriori.
Quello della discarica e dell’acqua avvelenata è stato e rimane uno degli
scandali più grossi dell’Abruzzo venuto alla luce grazie alla tenacia del
Wwf regionale che si è battuto in prima linea per fare chiarezza e
divulgare notizie di importanza vitale.
Tutte notizie che invece erano state tenute segrete sebbene conosciute da
moltissimi amministratori locali che avevano partecipato a riunioni
ufficiali e tavoli tecnici ma che in oltre tre anni non hanno sentito il
dovere di informare la popolazione dell’inquinamento delle falde acquifere
che finivano poi nell’acquedotto.
Proprio ieri sera lo scandalo della discarica di Bussi è stato ripreso
dalla trasmissione di Michele Santoro, Annozero su RaiDue dove sono stati
ripercorse tutte le tappe ed i misteri di questi lunghi mesi. Meno di due
settimane fa poi questa brutta piaga era finita su un ampio servizio del
quotidiano di Torino La Stampa che aveva destato dal torpore abruzzese
quanti avevano già dimenticato.
23/05/2008 14.14

LA MONTEDISON NEL MIRINO DELLA MAGISTRATURA

Oltre ai vertici di Ato e Aca risultano destinatari di avvisi di garanzia
anche amministratori e
dirigenti dello stabilimento Montedison.
I dirigenti, secondo la ricostruzione fatta dalla Procura pescarese,
avrebbero concorso ad avvelenare le acque destinate all’alimentazione
umana prima che fossero attinte o comunque distribuite per il consumo.
Tutto questo sarebbe stato possibile tramite la realizzazione (dal 1963 al
1972) della mega discarica sequestrata a marzo scorso sul terreno
attualmente di proprietà della “Come iniziative immobiliari Srl” (oggi
Montedison Srl, società interamente riconducibile al gruppo
Montedison/Ediso).
Il sito dista a meno di 20 metri di distanza dalla sponda destra del fiume
Pescara e destinata allo smaltimento illegale e sistematico di ogni genere
di rifiuti, scaricati, stando all’accusa, fino al 1963 circa, direttamente
nel fiume Pescara.
L’inquinamento delle acque sarebbe proseguito poi con la realizzazione di
una seconda e di una terza discarica.
Gli indagati avrebbero contribuito, dunque, ad aggravare la situazione
nella zona sino a cagionare il disastro ambientale sul suolo e sottosuolo
delle aree interne ed esterne del polo
chimico-industriale di Bussi.

TUTTI GLI INDAGATI

Nel registro degli indagati sono stati iscritti anche: Guido Angiolini,
amministratore delegato pro tempore di Montedison (2001-2003) e di
“Servizi Immobiliari Montedison Spa” e “Come Iniziative Immobiliari Srl”;
Carlo Cogliati, amministratore delegato pro tempore di Ausimont; Salvatore
Boncoraglio, responsabile Pas della sede centrale di Milano;
Nicola Sabatini, vice direttore pro tempore della Montedison di Bussi
(1963-1975); Nazzareno Santini, direttore pro tempore della
Montedison/Auusimont di Bussi (1985-1992); Carlo Vassallo, direttore pro
tempore dello stabilimento Montedison/Ausimont di
Bussi (1992-1997); Domenico Alleva, responsabile tecnico della terza
discarica; Luigi Guarracino, direttore pro tempore dello stabilimento
Montedison/Ausimont di Bussi (1997-2002); Giancarlo Morelli, responsabile
Pas (Protezione ambientale e sicurezza) dello stabilimento
Montedison/Ausimont di Bussi (1997-2001); e poi Camillo Di Paolo; Maurilio
Aguggia; Leonardo Capogrosso; Giuseppe Quaglia; Maurizio Piazzardi;
Giorgio Canti; Luigi Furlani; Alessandro Masotti; Bruno Parodi; Bruno
Migliora.