Ho tirato fuori dalla mia cartella di foto dell’anno scorso una casetta in legno demolita in quei giorni a San Benedetto dei Marsi. Nonostante il proprietario stesso del lotto avesse smontato la struttura per farci un bar, è stato così gentile da fornirmi le foto prima della tabula rasa. Si tratta di un ricovero ospedaliero d’emergenza montato subito dopo il sisma del 13 gennaio 1915. Esempi simili se ne sono visti a Sora e in altri luoghi dove quel terremoto del grado 7 della scala Richter fece più vittime.

Non abbiamo molte notizie su questo immobile ormai perso ( i proprietari dicono di averlo smontato numerando i pezzi ) con la sua tecnica costruttiva certamente non locale e difficilmente riproducibile, forse del nord-italia.

Questa cittadina è il risultato di una ricostruzione d’emergenza, possiede qualche villa umbertina, alcuni resti dell’antica Marruvium, parte della facciata di S. Sabina è rimasta in piedi, ma sono sprazzi di storia minuti e preziosi che la cittadinanza abbandona preferendo costruire piazze enormi adatte a realtà come Barcellona, archi di trionfo e costruzioni come il municipio stile torre di controllo/bunker in cemento armato, simili a quelle che vedevamo nell’ultimo  videogame Age of Empires epoca nanotecnologica.

In poche parole, i cattivi esempi storici della ricostruzione post-terremoto. Non vogliamo vedere i borghi intorno L’Aquila diventare delle provvisorietà permanenti come S. Benedetto dei Marsi, sedimentate su se stesse senza tener conto del tessuto storico e urbanistico reale, si dovrebbero preferire quindi la costruzione di  percorsi  archeologici invece di infinite e  selvagge vie carrabili ( per macchine e trattori ). Spero di non aver fatto tante chiacchiere.