Sfasciume pendulo sul mare.

Questa la definizione dello storico e politico Giustino Fortunato data alla sua terra, la Calabria agli inizi del secolo scorso.

Un profeta, tragico e grandioso come quelli dell’Antico Testamento.

Poiché è L’Italia intera ormai a poco più d’un secolo di distanza, ad essere uno sfasciume pendulo,

non solo sul mare, ma su pianure su laghi, su qualsiasi ettaro della sua folle, incantevole, decadente

struggentissima terra.

C’è una frase, antica chissà quanto, che recita: piove, governo ladro.

se fosse cambiata in: piove governo inetto, sarebbe un’equazione della fisica quantistica,

che come è noto, è branca della scienza dove si sono raggiunte le più alte vette di accurata previsione e precisione sperimentale.

Quest’anno, in meno di sei mesi esatti, sono morte tante persone quanti sono i trecentosessantacinque giorni dell’anno, sempre che non sia bisestile.

Questa frase, detta in questo modo, senza altri riferimenti, farebbe sghignazzare qualunque politico,

se non fosse che si riferisce ai morti cumulativi d’un terremoto, un’esplosione d’un carro gasiera ferroviaro, e una frana, quella di ieri venerdì due Ottobre duemilanove.

“I terremoti sono imprevedibili, gli incidenti ferroviari possono essere eventi malauguratamente fortùiti, e le frane, si sa, se piove soprattutto a dirotto, inevitabilmente cascano.”

Credo che una frase simile, si possa annidare nei pensieri di molti miei compatrioti.

esattamente a fianco di quella prima appena citata, relativa al malgoverno.

Il bel paese del sole, cioè il nostro, anche se quando piove sovente diluvia, è poi solo equivalente ad un orto pro-capite di  appena cinquemila metri quadrati.

Direi anzi che queste parole, orto, pro e capite le si potrebbe fondere in una sola.

Ortoprocapite.Avrebbe un suono un pò zoologico come proboscide, ma sarebbe perfetta.

Anche perché sarebbe bivalente.In un senso sarebbe l’unità di misura del territorio di cui ciascun

onesto cittadino si dovrebbe curare, visto che corrisponde alla sua spettante parte.

E in un altro potrebbe voler dire, perfetta fusione lessicale greco-latina: il giusto che appartiene a ciascuno.

Cinquemila metri quadrati, il venti per cento in più di quello che era una “giornata” unità di misura agraria, tuttora ancora in auge, almeno fino a quando ci saranno contadini che sanno anche usare una zappa oltre che un trattore turbodiesel e un palmare wi-fi.

Combinazione, c’è un altro venti per cento fra i pensieri dei cittadini dello stato che adora il cemento come pochi altri al mondo.

Si riferisce alla cubatura edilizia  che tutta un’accozzaglia di leggi e decreti, permetterebbe di edificare proprio sul neoconiato ortoprocapite, se questa accozzaglia legislativa

venisse impiegata alla lettera.

Naturalmente in aggiunta a tutto il franante, smottante, terremotabile e alluvionabile esistente.

E senza dimenticare l’edile a presumibile alto rischio d’incidente, annunciato o smentito che sia.

Forse è un privilegio vivere in questo paese, talmente regale, che morirne a causa di qualsiasi evento che accade sul suo suolo, è appena appena il corrispondente onere da pagare.

Che siano proiettili vaganti, frane, incidenti stradali, alluvioni, esplosioni di reattori chimici,

tracimazioni da dighe, scambi di identità o di gas ospedalieri, terremoti o eruzioni fa lo stesso.

Noi Italiani  parliamo una lingua talmente musicale, che quando la gelida signora ci annuncia

l’ineludibile dipartita, il suono della sua voce dovrebbe essere soave e suadente come quello della mamma quando da piccoli ci perdevamo e sconsolati nella piazza gremita di sconosciuti chiedevamo aiuto.

Quanto tempo impiegherà questa fragile penisola a sgretolarsi su sé stessa?

Volendo, il resto di questo secolo.Basta gorgheggiare certe canzoncine futili per qualche tempo ancora.Basta ignorare l’ortoprocapite per invidiare la gramigna del vicino, che magari è davvero più verde perchè ha da poco diluviato.

Quando s’esaurirà il secolo in corso, io non ci sarò più da un pezzo.

ma nel pensier mi fingo che oltre di cemento

l’argine nasconda

siepi cintanti infiniti frutteti e campi.

e in mezzo a loro orto

e a fianco

vi sia casupola di pietra e tronchi

e dentro v’alberghi mia proseguita stirpe.

Marco Sclarandis.