Roma, lunedì 8 febbraio 2010 alle ore 17.00, presso la Sala Conferenze Bologna, Via S. Chiara 4, si presenterà l’indagine del Comitatus Aquilanus sugli errori nella ricostruzione dell’Aquila, curata da Georg Josef Frisch e alla quale hanno collaborato Vezio De Lucia e Roberto De Marco.

Ne discutono gli autori, Piero Bevilacqua, docente di storia contemporanea, Marisa Dalai, presidente dell’associazione Bianchi Bandinelli, Vittorio Emiliani, scrittore e giornalista, Mario Gasbarri, senatore, Antonio Perrotti, architetto-urbanista, Walter Tocci, deputato.
A cento anni dal terremoto di Reggio Calabria e Messina, il 6 aprile 2009 un evento distruttivo colpisce un capoluogo di regione.
Sul destino dell’Aquila, il Governo, già nelle prime ore dal disastro, prende una decisione che crea molte perplessità: non vi sarà il ricovero in abitazioni temporanee per i 50mila rimasti senza un tetto. La soluzione scelta è quella del passaggio dalla tenda alla casa. È il Progetto C.A.S.E. del Governo Berlusconi: abitazioni per 17 mila cittadini de L’Aquila in venti new town realizzate attorno al capoluogo, fatte di edifici semiprefabbricati, “durevoli”, ecosostenibili, sismicamente isolati.
Una ricostruzione assai difficile, che riguarda una città capoluogo di regione, che dovrebbe partire dal ripristino delle sue funzioni istituzionali e amministrative e dal recupero del centro storico, prezioso e vitale, conservandone le relazioni sociali e culturali; viene affrontato, invece, con incredibile semplificazione: un terzo della città costruita ex novo altrove.
Non si usa la capacità organizzativa e la tecnologia per dare una sistemazione comoda e dignitosa, in attesa di una vera ricostruzione, ma si da luogo a una corsa contro il tempo, contro l’inverno, per risolvere “durevolmente” il problema di un terzo dei cittadini del capoluogo. Intanto si accantona la pianificazione territoriale e si sconvolgono in via definitiva i complessi equilibri di una comunità, condannando la città alla regressione.
Georg Josef Frisch, architetto e urbanista, ha messo in fila tutti i dati che su questa vicenda è stato possibile acquisire e, insieme al Comitatus Aquilanus, dimostra come la soluzione adottata si rivela, a nove mesi di distanza, inefficace e straordinariamente onerosa. Ma soprattutto rende definitivamente impossibile la riproposizione dei caratteri propri della città di L’Aquila.