Il commento in versi di Angelo Cocles al mio scritto: “Il poeta deve rivoltare le pietre”

merita una risposta un pò più corposa che un breve commento.

angelo cocles responded on 11 ago 2010 at 19:30

L’architetto dove lo metto? il poveretto è costretto per campare

assai cemento alle pietre dover coppare

il mattone bruto stanca, sarà..ma fa la rima col conto in banca..

Non so se questo Angelo sia un architetto, se avrebbe voluto esserlo, o se addirittura abbia in uggia gli architetti in genere, e per come sono scritti i suoi versi, potrebbero essere volutamente ironici e pro o contro l’intera categoria professionale.

Ma in quelle quattro strofe composte da cinque frasi, di cui una interrogativa si annida una questione di portata universale.

L’architetto dove lo metto?

E come l’architetto, anche il medico, il prete, l’operaio, il ricercatore, il politico, il banchiere, l’artista, sia esso poeta scultore cantautore, e senza perdersi in tediosi e ragionieristici elenchi, dove lo mettiamo l’essere umano che non si accontenta di sopravvivere solamente, finchè morte non lo inghiottisca ?

Dove lo mettiamo in questo tipo di società dove il potere associato all’uso del denaro è diventata una monomania?

Dai tempi di Vespasiano si usa dire “pecunia non olet” ovvero che i soldi non tanfano, ma la verità è che i soldi tanfano eccome, sebbene il loro lezzo arrivi alle nostre nari attraverso catene di reazioni fisico-chimico-economiche complesse e intricate.

Una delle caratteristiche del denaro, anzi la più importante, è che è un simbolo, e come tale la sua potenza è contemporaneamente concretissima e illusoria. Per quanto ovvia sia questa considerazione, tutti indistintamente ci comportiamo come se il denaro fosse il novantatreesimo elemento chimico naturale, o quello numero 0 della tavola periodica degli elementi di Mendeleev.

Fino a tempi relativamente recenti, esisteva la convertibilità oro-denaro, in dollari o altra valuta.

Il fatto è che questa convertibilità non poteva che essere fittizia e precaria.

L’oro in sé e per sé a causa della sua rarità e incorruttibilità incorpora del valore, corrispondente in una certa misura al lavoro necessario per estrarlo dalla copiosa ganga nella quale è occultato.

Ma ci sono elementi ben più rari dell’aureo metallo, come il gallio per esempio, la cui produzione mondiale annua non raggiunge neanche il centinaio di tonnellate.

Per chi non lo sapesse, ma oggi qualsiasi architetto dovrebbe saperlo, il gallio, chimicamente legato al famigerato arsenico, permette la produzione dei led a luce bianca.

Peccato che il gallio, fonda alla temperatura ambiente dei mesi estivi  e quindi non sia impiegabile né come moneta né come monile.Per fortuna, una lampadina led equivalente ad una ordinaria ad incandescenza da cento watt,necessita di pochi milligrammi di gallio ma a forza di milligrammi si accumulano anche le tonnellate.Eppure, la rarità di questo elemento lo destinerebbe a ben più aristocratici usi.

Oggi più che mai quindi, l’architetto si trova ad affrontare il legame esistente tra il denaro, che in teoria tutto compra e tutto permette, e la realtà della materia bruta e aggiungo io, bastarda, che è sempre insidiosamente riluttante ad obbedire ai nostri ordini.

…………il poveretto è costretto per campare

assai cemento alle pietre dover coppare.

Il poveretto(Architetto) è costretto…….eccetera, eccetera.

Questa è un’altra spinosa verità, soprattutto in paese dove il lavoro è ancora concepito come se fosse ineluttabilmente diviso in due categorie fondamentali: il lavoro manuale e quello intellettuale.

E siccome di mani ne abbiamo due ma di cervello uno solo, è evidente che il lavoro manuale deve per forza valere la metà di quello intellettuale.Se poi consideriamo che ci sono anche i piedi, il rapporto diventa ancora peggiore a sfavore dei manovali.Con una eccezione quasi unica che proviene dal mondo del calcio, non nel senso mendeleeviano del termine.

Ci sono anche i ballerini e le ballerine, ma è una eccezione minoritaria.

Per essere più cinici e diretti, quanto dovrebbe guadagnare un bravo ed onesto architetto, che viva in un paese come l’Italia, dove la cubatura di cemento versato sembra ormai dominare ogni altro paradigma architettonico?Io avrei delle risposte ma non possono essere contenute in questa pagina che mi sono imposto debba concludere il mio sproloquio.

…… il mattone bruto stanca, sarà..ma fa la rima col conto in banca..

Questa frase enigmatica, per me almeno, conclude il tristico, pardon, il carme in tre versi.

Cosa vorrà dire?.Che bisogna costruire comunque e dovunque? E demolire pur di ricostruire?

Che non c’è alternativa all’impiego del denaro, alla sua distribuzione, e alla sua nobile funzione strumentale se non quella di fare pur che sia un fare?

Anche qui, avrei un bel pò di cose da dire, di cui molte trite e ritrite, ma non per questo inutili od obsolete.Ma il finire prossimo della pagina me lo vieta.Perciò cerco di concludere con una, anzi due immaginifiche visioni tratte dalla mia mente ormai bacata.

Una è quella di un pianeta idro-marmoreo, dove qualsiasi architetto, presunto, potenziale, neofita o adepto possa sfoggiare tutta la sua creatività e distruttività, all’occorrenza.Una perfetta sfera iniziale di carbonato di calcio ricoperta da una bassa laguna, da trasformare in una fiera universale di edifici, statue, fontane, ponti, strade, megaliti e catacombe.Eventualmente, ma solo in via eccezionale, e a condizioni tutte da stabilire, viene concesso l’uso del biossido di silicio addizionato da carbonato di sodio, in modo da allargare agli amanti delle vetrate la possibilità di esprimersi.

L’altra visione, decisamente inqiuetante, prevede un piano sconfinato, non necessariamente infinito, ma infinitamente estensibile, dove chiunque e proveniente da qualsiasi epoca, dalla carmelitana scalza, alla casalinga di Voghera, al talebano padanizzato, all’uomo di Neandersimmenthal, fino allo sciagurato discendente di Leon Battista Alberti, e sicuramente ne esiste almeno uno, possa edificare tutto quello che gli salta in mente.E se anche  uno volesse defecare e con quella immonda malta volesse innalzare un monumento al suo dio adorato, bene, che sia libero di farlo.

Vi invito però a considerare le implicazioni derivanti da un simile territorio.

Anche solo visitarlo sarebbe un’impresa irta di difficoltà e gonfia di problemi.

Potremmo permettere di innalzare una torre Eiffel a fianco Delle rovine di Angkor Vat?

E se un merdaro, anche se miliardaro, pardon, miliardario, volesse fare la copia della torre di Pisa a fianco della colonna Traiana, glielo dovremmo impedire?.

Sono dilemmi atroci, niente in confronto a quelli che su questa limitata, affollata, iniquamente spartita e ripartita Terra dobbiamo affrontare. Occhi e baiocchi. Stavo per dimenticarmi del titolo.Cioè che la bellezza ormai è negli occhi di chi compra.

Le attuali fresche rovine di una ex centrale del latte di una giovane città di provincia del centro Italia possono indurci ad una costruttiva meditazione.