Stanno per partire il lavori di restyling (una vera e propria riconversione) del mercato coperto di Largo Scurti a Pescara. La struttura è da anni in una situazione precaria, la carenza di parcheggi, insieme all’ormai consolidato trend di centri commerciali extraurbani ha reso particolarmente difficile il mantenimento delle attività commerciali al suo interno. Il comune ha elaborato (non si sa bene se con il suo staff o avvalendosi di uno studio esterno) un progetto di riqualificazione dell’edificio ed insieme della piazza antistante prevedendo parcheggi ed un mercato ispirato alla boqueria barcellonese, o al Covent Garden londinese, capace riattivare il sistema commerciale dello shopping pescarese, e di cui sia il fulcro.

Fin qui gli intenti sono discreti, ma l’intervento nella sua traduzione architettonica lascia al quanto perplessi. Partiamo col dire che l’edificio odierno non è di certo un capolavoro, ne tantomeno ha le credenziali storiche e autorali per poter essere annoverato tra le architetture da salvaguardare, nonostante la sua realizzazione sia da ascrivere alla matita di Carlo Aymonino (morto appena l’anno scorso), vincitore del concorso nel 1954.
Certamente non si tratta della sua opera migliore, tra l’altro molto rimaneggiata rispetto al progetto presentato (il quale prevedeva una corte ricca di attività commerciali sempre viva, ed un corpo chiuso più tradizionale, il tutto in una sagoma ben diversa) e realizzato alcuni anni dopo.

Un’ enclave quasi intima, la presenza di un tessuto complesso, composto sia di edifici residenziali di bassa qualità (anni ’70), che di eleganti ville dei primi del secolo, in un rapporto tra pieni e vuoti in equilibrio precario; formano il tessuto con il quale si relaziona il nuovo progetto, che lascia perplessi soprattutto per il trattamento delle superfici esterne del mercato. Le immagini patinate che circolano in questi giorni, raccontano la sostituzione delle tamponature opache con vetrate a tutta altezza scandite dal ritmo degli infissi (a losanghe…), l’aggiunta di un corpo metallico all’ingresso ed un pensilina reticolare spaziale in acciaio. Insomma un pout pourri di linguaggi architettonici che non solo rischia di travisare e stravolgere l’aspetto della costruzione ma anche il rapporto che la stessa instaura con l’intorno e la piazza antistante.

E’ indubbio che la riqualificazione di quel comparto sia necessaria, e altrettanto legittima è l’operazione di ripensare la struttura del mercato, ma stavolta più che mai sembra di essere lontani da un risultato in grado di coniugare contemporaneo e moderno mettendoli a sistema in modo che moltiplichino vicendevolmente i propri linguaggi.

Per fortuna, in Italia ed anche in Abruzzo, sempre più frequenti sono le situazioni che vedono il nuovo interagire con le preesistenze storiche, o di riqualificazione di edifici dismessi. Ma questi interventi sono sempre piuttosto complessi e delicati, ed una cultura del recupero, colta ed attenta pare ancora lontana, soprattutto nella classe politica, tanto più se la storia in questione è tanto recente.