E’ stata presentata ieri 11 ottobre una proposta di legge nata su iniziativa de “Il Sole 24 Ore” e sottoscritta da 130 parlamentari, con obiettivo la promozione del merito (e quindi della qualità) nell’ambito delle procedure di affidamento di incarichi pubblici in architettura. La proposta si propone di far emergere la qualità dei progetti architettonici a dispetto del nome dei progettisti che li presentano.
Ci si riferisce in particolare alla tendenza ad affidare incarichi a progettisti su base dei rapporti di fiducia che intercorrono tra le amministrazioni ed i progettisti, o alla tendenza a privilegiare il maggior ribasso quale fattore discriminante per la scelta del progetto, o ancora alla tendenza a restringere il campo attraverso strumenti legati al fatturato degli studi professionali che hanno diritto di accedere alla progettazione.
I sostenitori e promotori della proposta di legge tra i quali Realacci (PD), il presidente del Consiglio Nazionale degli Architetti, Freyrie, Mantini (Udc), Rampelli (PdL) e Santilli (caporedattore de “Il Sole 24 Ore”) dichiarano che la proposta  «rappresenta una misura per la crescita del Paese a costo zero e promuove un valore che non ha prezzo: la concorrenza. E trasparenza e concorrenza sono i primi antidoti ai comportamenti collusivi», e che si tratta di «una proposta di legge non corporativa, non per addetti ai lavori, che favorisce i giovani ed evita che le intelligenze siano spente dal nepotismo e dalla chiamata delle archistar».

E per sostenere questa tesi nella proposta si promuove l’uso del concorso quale strumento cardine sulla base del quale stabilire merito e qualità progettuale, abbassando inoltre la soglia massima per l’affidamento della progettazione a trattativa privata (che scenderebbe da 100 mila euro a 40 mila), e si propone (finalmente!!!)  il divieto di restringere la concorrenza attraverso le convenzioni tra amministrazione e università, centri ricerca e associazioni senza fini di lucro (argomento delicato e controverso che mette in discussione questioni etiche e deontologiche, nascondendo spesso interessi professionali e tresche illecite che spezzano la concorrenza e avvantaggiano colori i quali facendo parte di istituzioni quali le università pur godendo personalmente di questi benefici saltano le procedure classiche a discapito degli studi professionali, aggirando con cavilli le normative vigenti) ; viene inoltre proposta l’introduzione della figura dell’advisor, un consulente che aiuterebbe le amministrazioni nell’organizzazione dei bandi. Sebbene quest’ultima sia una intenzione apprezzabile rischia nella sua traduzione di divenire un’arma a doppio taglio, ma ovviamente nella sua forma di proposta di legge è un concetto tutto da approfondire.
La proposta, pone poi particolare attenzione ai giovani e ai piccoli studi professionali eliminando le barriere legate al fatturato ed al numero di dipendenti, ed istituendo un non meglio specificato Albo dei Giovani Architetti. Un albo (proprio quando si parla di eliminare il corporativismo se ne crea uno ad hoc) dedicato ai giovani progettisti under 40.
Inoltre molto importante la questione legata alla progettazione interna alle amministrazioni che finora ha permesso , e alla progettazione integrata su progetto preliminare. Infine l’incentivazione di quei privati che vorranno ricorrere allo strumento del concorso.

Una considerazione da fare è proprio legata al fatto che nel mentre nei palazzi della politica si discute di condoni, una proposta di legge orientata in direzione diametralmente opposta, viene portata in Parlamento proprio da parte di quella società civile (privati e professionisti) che maggiormente dovrebbe (o almeno così si ritiene) trarre vantaggio da un nuovo condono.