Come l’avvento della riproducibilità meccanica ha fortemente condizionato l’opera d’arte (Benjamin) tanto da dar vita alle operazioni di Warhol e del dopo Warhol di montaggio-collage-colorazione di foto-giornali-frammenti vari, così l’infiltrarsi del computer nei nostri studi di architettura ha modificato il modo stesso di progettare come le sperimentazioni più recenti (Novak, Lynn, Rashid) dimostrano, lavorando direttamente manipolando immagini digitali renderizzate. Gli schizzi a china di Lùcio Rosato, piuttosto che proporsi come un atteggiamento “retrò” di nostalgia o come gesto d’artista autoreferenziale, ripropongono con evidenza quel passaggio, delicato e diversamente indecifrabile, dal pensiero di architettura, spaziale e contestuale a un tempo, alla proposta comunicata che già si fa germe di costruzione e di trasformazione di un luogo. Nel disegno si delinea un’idea di architettura capace essa sola di identificare le vocazioni di un sito dandogli (una nuova) forma: come quel ponte che per Heidegger disvela le qualità ambientali di un crepaccio, nel momento in cui viene messo in opera a costituirne l’attraversamento. Questa “brutale” modificazione del sito (per un comune sentire ecologista ogni costruzione è un po’ atto di violenza contro una natura la cui condizione originale è solo pretestuosamente ricostituita) è compatibile se l’occhio dell’artista (uno sguardo raffinato) si combina con il sentire dell’architetto (la ricerca di senso) in una complessità “collaborazione con la terra” (Yourcenar) ed i suoi destini in bilico.


Ecco che allora un semplice diario di appunti, costituiti non da parole ma da segni, acquista nell’ordine della sequenza il senso di una classificazione subliminale che poggia su una inamovibile idea di manuale nata nella profondità della cosiddetta “Scuola di Pescara” (la facoltà negli anni di Rossi, Grassi, Suola, Renna, Monestiroli, Manzo, e altri): e il manuale ha senso solo se non gi giustifica come trattazione letteraria ma come strumento per un unico fine, la costruzione.

Carlo Pozzi (2004)




foto di L.Rosato e C. Pozzi