I nostri territori, ovunque ormai, sono disseminati da oggetti enormi abbandonati, sono come degli elementi di “colonizzazione” del territorio riutilizzabile in un futuro non definito, come un salvadanaio. Sono scheletri di cemento che deturpano i nostri contesti rurali, le nostre spiagge, come le nostre città. Si è fatto di tutto da parte di molte associazioni, concorsi fotografici, petizioni, fino alle demolizioni spettacolari (poche). Rimangono, però, dei tumori sempre più gravosi e crescenti per il nostro suolo, celebri e non.
In questo periodo di “grandi” riforme perché non pensare ad una penalizzazione per chi lascia abbandonata questa mole di deturpazione per decenni? Non è anche un diritto di tutti avere un paesaggio sano e vivibile? Perché questi scempi dovrebbero rimanere in eterno a marcire solo per una manciata di voti in più?
foto di A. Capetola, M. Damiano, E. Di Felice, A. Mantini.
condivido in pieno il punto di vista…. anche se devo confessare che preferisco il non finito in confronto alla rubrica “palazzinari”.
Si potrebbe pensare che questi beni , dopo un periodo di abbandono ( non troppo corto 15-20 anni) diventino automaticamente pubblici.
Anche questo potrebbe funzionare, anche se forse va contro la Costituzione. Vabbé figurati, negli ultimi anni l’art.9 è stato confuso con una barzelletta. Forse meglio che si applichi la legge, il sindaco di un comune potrebbe autorizzare la demolizione di un immobile abusivo, ma di prassi non lo farebbe mai.
Comunque qualcosa bisogna fare. L’Italia è l’unico paese europeo e tra i pochi al mondo in cui è diffuso questo orribile fenomeno. Eppure dovremmo essere il salotto dell’umanità ! Se anche i turisti ci girano le spalle siamo fritti !
@Luigi il rischio è tanto, di certo una bonifica sarebbe anche un investimento, e una buona “arma” elettorale, giusto per cambiare pagina e non farsi “oliare” all’infinito dai costruttori. Poi in questi casi parliamo di edifici pubblici, e la faccenda si fa ancora più schifosa, quel cantiere in anteprima è a Ripa Teatina, sta lì da decenni e nel 2005 hanno integrato altri ambienti, rilasciando il cantiere all’abbandono per sequestro, non è un caso isolato. Ce ne sono tantissimi di edifici così enormi lasciati marcire, un mare e monti del cemento.
Anche il recupero edilizio potrebbe essere un’alternativa, il non finito da una speranza in più rispetto al definitivo “palazzinaro” (come lo intende il CAP)
da questo interessante blog http://blog.impossibleliving.com/ sono arrivati a elaborare un’applicazione per smartphone che invita gli utenti a fotografare e mappare tutti gli edifici abbandonati che conoscono, Un modo per dare vita a vecchi capannoni in disuso, uffici sfitti, ruderi. E fare business grazie a un’offerta di servizi che avvicinino potenziali investitori ai proprietari e agli studi di progettazione.
Be’, ci sono anche progetti di recupero “culturale” di questo antipatico fenomeno, come ad esempio quello del “Parco dell’incompiuto”, in Sicilia, oppure l’emiliano “SpazIndecisi”. Comunque sia il problema vero è il fatto che la politica ha un effettivo guadagno da ciò. Vengono finanziati progetti che si sa già in anticipo che non verranno portati a termine, così che il costruttore, evidentemente colluso, possa trarre il suo bel guadagno. Guardate gli scandali sulle grandi infrastrutture mai portate a termine, oppure le immense strutture mai utilizzate (Maddalena in primis). Non c’è solo mal costume (da palazzinaro) ma proprio mal governo…
PS: Rimando a questo post… Almeno qualcuno apprezza
http://lebbeuswoods.wordpress.com/2011/07/19/wild-buildings/
Ha quasi del poetico quell’articolo sulle “nuove colonie” di San Sperato, come le Città invisibili di Calvino che crescono dall’interno verso l’esterno. Le dinamiche di questa nuova colonizzazione (illegale, c’è da specificarlo sempre) del territorio sono complesse e i loro promotori organizzatissimi. Come il milanese [im] possible living, queste che indichi sono una premessa ad una fase post-abbandono di recupero, e anche bonifica, che stiamo ancora aspettando.
Non possiamo aspettarci dalle stesse amministrazioni che hanno fatto “lo schifo”, con i loro funzionari che siedono ancora nelle stanze dei bottoni, questa fase sperata. A qualcuno dobbiamo pur dar fiducia, ma bisogna iniziare a scardinare le prassi consolidate che hanno reso il nostro patrimonio naturalistico scarso e i diritti degli abusivi inviolabili.