“Quasi nello stesso istante in cui la luce del corridoio penetrava di colpo nella stanza buia, noi scivolammo dentro il muro. Era freddo e glutinoso come un’immensa gelatina. Dovevo tenere le labbra ben strette perché non mi entrasse in bocca. Cose da pazzi, pensai, stavo passando attraverso un muro per spostarmi da un luogo ad un altro. E il bello era che mi sembrava la cosa più naturale del mondo. (…) quando riaprii gli occhi, mi ritrovai dall’altra parte, in fondo al pozzo.”
Haruki Murakami, L’uccello che girava le viti del mondo, Shinchosa, Tokyo, 1994.
Toyo Ito è certamente uno dei più importanti e noti progettisti del panorama architettonico contemporaneo.
La sua produzione è sempre stata segnata dalla ricerca della relazione tra interno ed esterno, improntata al raggiungimento di una leggerezza effimera ottenuta soprattuto attraverso la trasparenza e lo svisceramento del rapporto tra struttura e pelle dell’edificio.
La realizzazione della Mediateca di Sendai nel 2001, ha segnato una svolta nella sua attività di ricerca ed innovazione, che sin dagli anni ’70 si muoveva intorno al rivestimento degli edifici e al trattamento delle superfici esterne mirando alla smaterializzazione delle forme. L’edificio è spesso paragonato al Centre Pompidou di Piano e Rogers o alla Mediateca a Nimes di Foster, e come accade in questi precedenti, Ito mette a nudo l’anima dell’edificio, privando la struttura del suo involucro. Così le successive realizzazioni si spingeranno verso “una sorta di volontà di liberazione dell’architettura dal peso della gravità” (per citare Anna Cornaro su Arch’IT).
In Italia Ito, a parte alcuni interventi e partecipazioni a mostre e installazioni (come la Biennale di Venezia, o la sua personale a Vicenza), non ha (o meglio, non aveva) realizzato alcun tipo di intervento. Pescara si è candidata ad ospitare la sua prima opera, prima anche nel suo genere, infatti l’architetto giapponese si è cimentato nella progettazione di una scultura.
Costo dell’opera 1,1 milioni di euro, finanziata da attori privati (Lafarge e fondazione PescarAbruzzo). L’impresa che ha eseguito l’opera è la Clax Italia che ha utilizzato per la realizzazione una resina ad alta trasparenza, il polimetilmetacrilato.
L’opera si colloca a metà tra le realizzazioni del passato e la più innovativa soluzione della sua ricerca di trasparenza e fluidità; se da una parte infatti la dicotomia tra purezza della forma geometrica e fluidità della struttura raggiunge un picco in termini estetico-formali, realizzando un’antitesi tale da creare un senso di instabilità e continua mutazione della forma contenuta nel parallelepipedo trasparente, che paradossalmente si propone quale rivestimento (e non sostegno) della “struttura molle” che essa contiene, dall’altra segna un ritorno o forse solo un riferimento ad un passato in cui la sperimentazione si concentrava sulla stratificazione (le fasce orizzontali che segnano l’opera).
Il bicchiere è stato presentato ieri sera (Domenica 14-12-’08) alla presenza dello stesso architetto, davanti ad una folla di cittadini e curiosi, nella quale si distingueva una ricca componente di studenti della Facoltà di Architettura in cerca dell’autografo e della foto ricordo. Un Ito come sempre un po’ frastornato (è infatti la sua seconda apparizione in città dopo la laurea honoris causa), dalle schiere di spasimanti di ambo i sessi che se lo sono litigato a suon di scatti fotografici, non ha lesinato sorrisi e pose degne di un tronista di “Uomini e Donne”, con in più il fascino silenzioso e taciturno dell’asceta orientale.
Ma in realtà, fuor d’ironia, la scultura, stando almeno alle prime reazioni ha abbondantemente deluso le aspettative degli astanti. Molte le espressioni attonite, quasi incredule, per non parlare delle espressioni verbali che hanno accompagnato quelle facciali, di chi si era convinto (vuoi per l’enorme pubblicità di tipo elettorale che aveva accompagnato nei mesi l’evento, vuoi per l’opera di disinformazione portata avanti dai media, vuoi per una normale e genuina difficoltà di comprensione di un’opera d’arte contemporanea!) di poter vedere scoprire dal telo una rivelazione, (magari un ennesimo segreto di Fatima), la verità stessa, o forse ancora il monolite kubrickiano in chiave zen.
Un post a parte meriterebbe la banale e “kitchissima” trovata di copertura della scultura fino al momento scenico e plateale della sua rivelazione ad opera del sindaco e dell’architetto; ma, mi e vi risparmierò questa sofferenza.
Ma sta di fatto che l’opera come tale necessita di un naturale e connaturato periodo di “assestamento” nella percezione del luogo di cui si propone riferimento. (strano però che lo stesso sgomento non nasca alla vista dell’ennesima palazzina oscena che chiude la vista mare o monti!).
Vanno, però, riconosciute alcune oggettive difficoltà di accettazione dell’opera (soprattutto se rapportate al suo prezzo) dovute a “macroscopici particolari” (che potremmo anche chiamare difetti) legati probabilmente alla fase di realizzazione dell’oggetto. Quali il disturbo ottico provocato dall’evidente raccordo tra gli strati di plexiglass sovrapposti che si presentano come ricorsi orizzontali e che riducono l’effetto di trasparenza tanto ricercato. O la non simmetria della forma di bicchiere intrappolata all’interno del parallelepipedo.O ancora dubbi circa la relazione visiva che si crea traguardando la piazza dal Corso, senza riuscire a scorgere il parallelepipedo.
Ma resta comunque il fatto che si tratta di una presenza che deve ancora entrare a far parte dell’identità del luogo e che dovrà guadagnarsi la capacità di creare nuovi riferimenti culturali ed estetici negli occhi dei cittadini.
sotto alcune foto della posa della scultura sul suo supporto.
stranamente ieri le luci della fontana erano già spente…un segnale?
si indubbiamente un segnale…presagio dell’evento notturno che la squadra mobile stava preparando!!
il bicchierone di 20 metri cubi passerà alla storia come l’ultima “sparata” di D’Alfonso… ma il Dalfonsismo persisterà, con le sue belle facce ripulite, i suoi motti.. la “prassi consolidata” su ciò che è già in parte compromesso e che si finisce per compromettere, in cambio di soldi facili, sputando in faccia al paesaggio e ai cittadini!
a me non piace.Si poteva fare molto meglio. Comunque ognuno deve poter buttare i suoi soldi come vuole e a Pescara hanno deciso così.Amen
Sull’opera in sè non voglio esprimere pareri. Da Toyo Ito mi sarei aspettato qualcosa in più, ma questo nn significa nulla. Del resto riflessioni sulle opere d’arte contemporanee e sui loro significati potrebbero coinvolgerci in discussioni interminabili. Ciò che desidero invece sottolineare è il significato di un’ operazione del genere, soprattutto per chi crede nell’architettura, come ha voluto rimarcare il preside Clementi, del tentativo di fare di Pescara un laboratorio di arte e architettura, come in tante città europee sta avvenendo. Il tempo ci dirà se anche questa opera avrà permesso a Pescara di uscire dai confini provinciali in cui si trova o se sarà sempre e perennemente all’interno di questo perimetro non solo geografico. Di certo l’opera stà sollevando parecchie discussioni, rilevazioni critiche, curiosità. E questo forse è già un successo, dipende dai punti di vista.
Un saluto.
Andrea B.
Non entro in merito poichè non sono di pescara.
non sono nemmeno una grandissima appassionata di Toyo Ito ma, francamente, a melopera piace..e parecchio.
Sicuramente, non ho una visione ocntestualizzata a quelli che sono i reali problemi e necessità della vs città ma, oggettivamente, dal difuori, vorrei averla a rome un opera d’arte contemporanea del genere.
Cmq Bravi a chi l’ha voluta. Tenetene di conto!
G.
beh si in effetti spaventa che sia costata tanto…fa proprio pensare che i soldi siano stati buttati…ma quello che non è chiaro se nel milione e passa è compreso il compenso per il progettista…o se la cifra ttiene solo alle spese di produzione…ma cmq sia sarebbe interessante capire quali sono le percentuali riservate alle due spese…
Il 70% è dato da LaFarge… e sapete cosa fa LaFarge.
Di certo è molto facile prendere in giro e sbeffeggiare questo “oggetto” in questo preciso momento…forse sarebbe anche inutile dire che in quella piazzia ci sta + che bene quell'”oggetto”.
Però il contorno è questo ora. E’ la risposta a molti problemi…decennali…di questa città sfociata nella confusione…scusate il mio sfogo!
si lo sfogo ci sta tutto…soprattutto quando si ama il proprio territorio e lo si vede denigrare da politiche speculative che vedono realizzare i “grandi” interventi (grandi per dimensioni, non per qualità), non su base dell’interesse pubblico ma su ragionamenti clientelari!
@Ginevra
devo ammettere che personalmente più guardo il GLASS e più la trovo interessante e particolarmente ricca di sfumature estetiche…non è nemmeno un discorso di contesto, in fondo la piazza è molto contemporanea (e a me piace particolarmente perchè mlto europea e relazionale) eppure anche li si sono sollevate polemiche!
in effetti è un ragionamento che attiene alla spesa e alla difficoltà di ricondurre questa a valori estetici di arte contemporanea (sicuramente non alla portata dei discorsi da bar e dei coloro che ci avrebbero visto meglio un paggetto in marmo con lo zampillo che sgorga dai genitali!!!)
Premetto che secondo me questa “opera d’arte contemporanea” è molto appropriata nella piazza principale di Pescara. A livello architettonico probabilmente colma degli equilibri che invece prima non si avvertivano. Trovo invece errato affidare un’OPERA D’ARTE ad un architetto. Un architetto non è un artista, e il design non è arte! Qui ci vorrebbe una giornata intera per approfondire questo concetto, e sono stati scritti parecchi libri a riguardo, ma questo è uno tra i tanti esempi che ci dimostrano come l’architettura sta fuggendo dalle sue proprie competenze e vuole a tutti i costi entrare nel circuito artistico e appropriarsi del suo linguaggio, forse più in accordo con il carattere fashion ed effimero della cultura contemporanea (vedi fallimento Biennale di Architettura a Venezia). E comunque, per farla breve, bisogna stare attenti a come definire questo oggetto, perchè se per noi è un’opera d’arte non dobbiamo valutarla in chiave architettonica.
Il problema dell’accettazione da parte del pubblico si risolverà con il tempo, ha ragione Andrea B., e sono sicuro che diventerà presto uno dei simboli di Pescara.
In ultimo, non so se Toyo Ito abbia studiato preventivamente il carattere del pescarese medio che il sabato pomeriggio passeggia nel corso, perchè la sua opera lo rispecchia perfettamente: tirata a lucido, molto appariscente, modaiola e dedita a mostrarsi, ma in fondo sotto una corteccia così attenta all’apparenza cosa c’è?: un bicchiere di vino. Più chiaro di così!
Andrea S.
qualcuno mi spiega il rapporto di un giapponese con un bicchiere di vino e con Pescara? Fosse stato Tollo pure pure….
Sting credo che per il parco nazionale sia venuto a Pescara per fare il concerto anni fa, ti immagini Toyo Ito a Tollo e Sting a Palena?
cmq se fanno centri petroli al posto delle vigne addio montepulciano d’Abruzzo, diventerà poi inutile anche questo monumento..almeno che ci bettono un liquido nero dentro (che qualcuno a Pescara direbbe:”Fa più Fascion”)
Mi accoro alle voci reazionarie al progetto milionario di Ito!
Ad ogni modo, senza dilungarmi troppo, ero passato per farvi i miei laziali auguri, a tutto il blog insomma!
Quindi: auguri amici! Ci leggiamo presto! 🙂
Un’opera d’arte nasce da un committente esigente e da un bravo artista. Sono molti gli esempi della storia dell’arte che mostrano come le grandi opere siano in realtà, la rappresentazione di grandi scontri, costruttivi, tra chi finanzia e chi crea.
Al di là del valore dell’opera che valuto positivamente, credo che Pescara abbia pagato la scarsa esperienza in materia di spazi pubblici, ma su questo, data la sua giovane età, non sarei troppo severo. Il suo coraggio verso la contemporaneità va premiato, direi osannato, se penso ad Alemanno e Paolo Marconi all’opera
nella Commissione per il futuro di Roma Capitale….
Auguri a tutti
mi dispiace, ma l’opera non mi piace, è brutaa, moderna, ma non tutto ciò che è moderno è bello, la trovo molto kich, non si ambienta nella piazza ed è solo una cosa rifiliata a dei poveri provinciali che così si sentono moderni ed internazionali.
poveri poveri poveri
@ barbara
oddio… non entro in merito al tuo parere personale, anche se, ripeto, l’opera a me piace tanto..
ma caspita!!! poveri poveri poveri… addirittura???
che ti hanno fatto i pescaresi? o ce l’hia con l’architetto?
mah…
“poveri noi…”
(davvero!!!)
Finalmente qualcuno si è accorto che i vasi a guscio non c’entrano nulla…
Da “Il Centro”
PESCARA. Secondo gli studenti del liceo artistico “Giuseppe Misticoni” i vasi posti …
PESCARA. Secondo gli studenti del liceo artistico “Giuseppe Misticoni” i vasi posti intorno al perimetro dello specchio d’acqua nel quale è inserita l’installazione di Toyo Ito sarebbero da rimuovere. Sono giunti a questa conclusione i ragazzi delle classi 4ª C, 5ª C e 5ª F che, con i loro professori e in accordo con tutti gli altri studenti del liceo, hanno considerato come l’opera costituita di Toyo Ito sia stata in un certo senso snaturata dall’installazione dei vasi. Durante il corso di discipline plastiche, i ragazzi del liceo pescarese hanno analizzato la struttura creata dell’architetto giapponese in tutti i suoi aspetti evidenziando come, nell’ottica in cui è stato realizzato lo “Huge Wineglass”, l’opera dovrebbe idealmente inserirsi nella pavimentazione di piazza Salotto, integrandosi ad essa senza soluzione di continuità. La tesi sostenuta dai ragazzi del liceo sarebbe supportata anche dalla soluzione adottata dallo stesso Toyo Ito in merito al modo in cui è stato fatto il bordo della vasca. L’artista giapponese ha realizzato per l’opera un basamento non tradizionale, infatti il perimetro della vasca nella quale è posto il bicchiere è stato pensato in modo da dare continuità al passaggio dalla pavimentazione allo specchio d’acqua. Il contorno della fontana è leggermente curvilineo e non disegna un gradino tra la pavimentazione e l’acqua della fontana bensì una linea convessa, quasi a voler fondere acqua e pavimento. Tenendo presente che la scarsa profondità della vasca non rappresenta un pericolo, la proposta degli studenti è che i vasi vengano rimossi. E se proprio qualcosa deve delimitare il perimetro della vasca gli studenti ritengono che spetti allo stesso artista ideare una soluzione compatibile con la natura dell’opera.
Nausica Celsi