E’ più unico che raro e non in senso positivo che un edificio della dignità architettonica come l’ex Centrale del Latte di Pescara di cui è fatta menzione diretta e indiretta in un numero considerevole di testi specialistici, sia abbattuto in poche ore senza nessun tipo di valutazione culturale o “politica”. Sappiamo bene che in alcuni regimi dittatoriali le decisioni in ambito artistico-storico sono spesso frutto di capricci o desideri del comandante di turno. Il pensiero corre a un altra opera di Florestano Di Fausto, l’Arco dei Fileni, porta simbolica che divideva le due regioni della Tripolitania dalla Cirenaica, barbaramente distrutto da Mu’ammar Gheddafi nel 1973, in un momento in cui, evidentemente, il dittatore libico voleva rimuovere i segni lasciati dallo stato italiano nel suo territorio. In Libia lo stesso architetto costruì un “Villaggio D’Annunzio” nel 1938.
Il caso di Pescara, che nel 2010 si definisce “Città Dannunziana”, lascia ancora più stupefatti: il permesso di costruire che comportava la demolizione dell’edificio di Florestano Di Fausto vagava da tempo negli uffici comunali, essendo oggetto di contenziosi per altri motivi presso il Tribunale amministrativo. Possibile che in tutto questo tempo nessuno si sia accorto del valore di questa architettura, datata 1932?
L’accusa che viene fatta alle Associazioni ambientaliste è davvero riprovevole; i volontari che tra l’altro avevano denunciato la situazione in tempo utile, prestano un’opera spontanea; pare invece che nella nostra Regione si debbano sostituire agli Enti amministrativi (Comune, Provincia, Regione), e a quelli preposti alla tutela (Soprintendenze). Guardando il cartello che indica i lavori nel cantiere di Via del Circuito 218, apposto frettolosamente solo nel pomeriggio del 26 luglio – giorno in cui lo stato dell’opera è stato verificato più volte dalla Polizia municipale – indica, come progettista, l’arch. Mario D’Urbano, mentre il calcolo statico e la responsabilità per la sicurezza sul cantiere sono dell’ Ing. Marco Pasqualini, dirigente in forze all’attuale Amministrazione. Pasqualini, quindi, ha avuto un ruolo di gestione di una pratica per la quale aveva svolto precedentemente una consulenza tecnica.
Dopo la conferenza stampa indetta da WWF, Italia Nostra e Comitato Abruzzese del Paesaggio, svoltasi questa mattina alle ore 11 di fronte all’edificio parzialmente demolito, non si avvertono più rumori. La distruzione pare essersi bloccata, il degrado urbano di Pescara, inarrestabile, avanza.
Arco dei Fileni, Florestano Di Fausto, Libia, inaugurato nel 1937
bhè… questo si ottiene a concedere un posto da dirigente a un palazzinaro… vogliamo vedere i progetti (architettonici???) di palazzine, compessi residenziali e comparti che il buon pasqualini ha “donato” alla città???
faceva danno anche da progettista… figuriamoci da dirigente…
Purtroppo ci troviamo sempre con il solito problema italiano del “conflitto d’interessi”, mi sbaglio?
Quando mai potranno cambiare le cose se ci trivaimo sempre a che fare con dirigenti che dell’interesse comune
non se ne curano minimamente e anche in modo non troppo celato direi….
@professione architetto
Vediamoli questi progetti, solo in questi giorni sembra che ci si rende conto del problema, negli altri sembriamo dei pazzi visionari. C’è anche chi tra la Soprintendenza e l’Amministrazione scarica il barile sulle associazioni che non segnalano in tempo gli immobili da tutelare. Ridicoli.
@Alessandra
Ti consiglio di vedere Latina/Littoria, un film documentario del 2001 di Gianfranco Pannone che racconta la quotidianità di un’amministrazione comunale, nello specifico quella della cittadina laziale di Latina, e il tormentato iter per la stesura e approvazione di un piano regolatore che contrasti la speculazione edilizia.
Il racconto dell’adozione del P.R.G. di Latina fatta nel documentario di Pannone è illuminante su come gli interessi “palazzinari” degradano e non valorizzano il patrimonio immobiliare neppure economicamente.
I “palazzinari” presenti in Comune fanno in modo di non adottare il Piano redatto da Cervellati. Al Sindaco, nostalgico repubblichino, ma convinto che la sua Città dovesse recuperare i segni della sua storia, restano le promesse, disattese appena dopo le elezioni nazionali del 2001.
Andrea Iezzi
Leggo in questo momento che il Consiglio Comunale ha approvato l’Ordine del giorno di Maurizio Acerbo per l’adozione di una variante sugli edifici storici e di pregio. Inoltre una richiesta urgente di vincolo storico-artistico per ciò che resta della ex Centrale del Latte di Pescara.
Questo è l’Ordine del giorno di Acerbo presentato il 28 luglio 2010 a Pescara. Che ne pensate? Diamo una mano per fare un nuovo censimento degli edifici di pregio storico o architettonico?
Ordine del giorno
UNA VARIANTE PER LA SALVAGUARDIA DEGLI EDIFICI STORICI E DI PREGIO
Considerato che
le recenti vicende dell’abbattimento del villino liberty in via Trento e dell’ex-centrale del latte o dello stesso salvataggio della sede della Società operaia hanno evidenziato che molti immobili di valore storico e/o di pregio nella nostra città sono privi di tutela nello strumento urbanistico;
la nostra città troppo spesso si è dimostrata incapace di difendere i luoghi della memoria e quel poco di patrimonio storico che le è rimasto;
risulta troppo limitata la classificazione degli edifici da vincolare derivante dallo studio del Prof. Bartolini Salimbeni degli anni ’90;
non si può assistere passivamente al lento stillicidio di demolizioni e ricostruzioni che cancellano tracce del passato che invece andrebbero valorizzate in un’ottica di riqualificazione urbana;
Pescara continua a essere una città che sacrifica storia e memoria sull’altare del profitto, ma se negli anni ’50, ’60 e ’70 questo processo di trasformazione edilizia era giustificato da una malintesa idea di modernità e progresso oggi siamo di fronte ad operazioni di mera valorizzazione immobiliare privata che impoveriscono il tessuto urbano e che contrastano con una sensibilità assai diffusa nella cittadinanza;
la salvaguardia del patrimonio storico-architettonico è un elemento essenziale della qualità urbana, vecchi manufatti, se recuperati, donano bellezza alla città;
questa consapevolezza ha portato tanti comuni a prevedere norme di tutela a livello urbanistico ed architettonico edilizio;
purtroppo sono troppi gli edifici pescaresi che non sono stati vincolati dal PRG e si pone con urgenza l’esigenza di procedere a una variante di salvaguardia degli edifici che meritano di essere conservati e recuperati;
la città, e non solo il centro, è disseminata da edifici che vanno salvaguardati dalle demo-ricostruzioni, e che devono essere immediatamente censiti e posti sotto tutela;
bisogna procedere in tal senso anche per quanto riguarda le sopravvivenze di edifici rurali nelle zone collinari;
Pescara non è una città moderna, ma quel poco di storia che c’è andrebbe conservato;
il Consiglio Comunale di Pescara
invita sindaco e giunta
ad avviare la redazione di una variante per la salvaguardia patrimonio edilizio di valore architettonico, storico e testimoniale della città di Pescara
Maurizio Acerbo
Del novecento c’è tanto da tutelare a Pescara, ci dovremmo muovere tutti.
caro C.A.P.,
quella della ex centrale del latte è solo l’ennesima demolizione di una lunga serie… sono anni che la consistenza urbana di Pescara perde pezzi importanti ai quali purtroppo non si sostituiscono “capolavori” di architettura! Voglio ricordare il “grande” recupero della Casa del Balilla, poi liceo scientifico di via Palermo, le demolizioni sulla riviera sud e nord, quella di una palazzina su corso V. Emanuele II dopo l’incrocio con via E. De Amicis, la demolizione del pastificio De Cecco, buon esempio di architettura “industriale” che in tutta europa sarebbe stata recuperata una volta persa la sua funzione produttiva e restituita alla città come spazio pubblico, per arrivare fino a ieri a quella “cronaca di una demolizione annunciata” della ex centrale del latte! A quando la prossima?
Per stimolare ancor di più il dibattito che spero continui portandoci a delle conclusioni condivise, suggerisco, oltre agli studi fatti dal Prof. Bartolini Salimbeni degli anni ’90, due pubblicazioni: la prima dell’arch. Wladimiro De Sanctis (oggi ancor di più ne soffro la mancanza), “comportamento e città”, in cui si condensano gli sforzi di una ricerca minuziosa e attenta sul patrimonio architettonico del moderno “pescarese” e un dibattito troppo presto dimenticato; l’altra pubblicazione è il n° 578/2003 di “l’architettura, cronaca e storia” (numero curato dal prof. Carlo Pozzi).
grazie per quello che fate
massimo
L’on.Acerbo ha tenuto in mano l’assessorato all’edilizia per ben 4 anni attraverso un suo architetto prestanome. C’era tutto il tempo per eseguire una ricognizione sulla città e mettere in pratica un progetto di tutela per quegli edifici (compreso alcuni fabbricati degli anni 50 e 60) che esprimono un apprezzabile valore architettonico. In questa Italia dalla memoria cortissima l’ipocrisia di certi politici e di certi pseudo-intellettuali paga benissimo in politica.
credo ci sia un po’ di confusione e sovrapposizione di temi, ma tutti sono liberi di dire ciò che ritengono opportuno. Rispondo alla questione che mi interessa maggiormente, dando già da ora la massima disponibilità della Commissione Cultura dell’Ordine a coordinare questo censimento, visto che avevamo già messo in programma per ottobre di cominciare questo progetto. Coordiniamoci tutti: amministrazioni, Ordine, associazioni, eventualmente la Soprintendenza… Unica condizione è che i rapporti con le amministrazioni siano bipartizan e non strumentalizzati da nessuno.
@FR:D
Se ti riferisci ai progetti del vicepresidente dell’Ordine degli Ingegneri, nonché dirigente al Comune di Pescara, nonché responsabile delle strutture e della sicurezza nel cantiere dell’ex centrale del latte, ing. Marco Pasqualini, ce ne sono diversi in giro… Il più noto, probabilmente, è il comparto di Via FilomusiGuelfi, chiamato ‘parco dei Guelfi’ (poi non commento la scelta del nome del complesso…) che se non erro da qualche parte è già citato in questo blog…
Io non credo che ci sia alcun interesse a strumentalizzazioni politiche. Fare una campagna di censimento dei beni architettonici e storici è a vantaggio di tutti, anche se potrà dar fastidio a qualche privato. Da parte del Comitato, come anche delle altre Associazioni (Italia Nostra, WWF, radicate ben più di noi…) c’è la massima disponibilità, non ho dubbi.
Andrea Iezzi
Una base di partenza per questo progetto di censimento potrebbe provenire dalle segnalazioni fatte da studiosi, laboratori, al materiale raccolto del C.A.P. nel corso di questi ultimi tre anni, con particolare attenzione ai casi in fase di abbandono o non utilizzati da anni. L’Associazionismo locale e l’Ordine sono realtà consolidate che sapranno dare delle linee di riferimento. Per essere credibili dovremmo stare attenti anche alla selezione degli immobili.
Grazie Massimo per i preziosi spunti.
Del Parco dei Guelfi ne parlava Andrea un anno fa, ora ci stiamo scagliando su quelli di turno, ma il modus operandi è sempre quello, lo ritroviamo ovunque ed è segnali dei tempi che corrono. Frase fatta ma triste constatazione.
oltre alle indicazioni dell’amico Massimo D’Arcangelo che condivido in pieno, c’è una ricerca dell’allora DARC – Direzione Generale per l’Arte e l’Architettura Contemporanea – (da luglio 2009 chiamata PABAAC – Direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee) in collaborazione con la Facoltà di Architettura di Pescara a cui ho avuto la fortuna di partecipare, che aveva per tema: L’ARCHITETTURA IN ABRUZZO E MOLISE DAL 1945 A OGGI.
in questa ricerca si sono prodotte schede di catalogazione di oltre 40 opere degli ultimi 50 anni, di cui 22 proposte alla DARC per inserirle in un censimento generale di opere di pregio storico-architettonico nazionale. Proprio sulla scorta di questa esperienza ho programmato di lavorare con la Commissione Cultura dell’Ordine per ampliare questo censimento a tutto io Novecento.
Dobbiamo solo cercare di organizzare il lavoro in maniera scientifica, senza farci prendere dalla foga sentimentale sulla scia del dissenso collettivo nei confronti della demolizione di questi giorni.
Sentiamoci.
A.L.
PS: ovviamente intendevo 22 solo nella provincia di pescara, di cui 20 nel comune capoluogo.
Ecco un articolo molto interessante, da “Il Tempo”, Edizione Abruzzo, 29/07/2010
Sull’ex centrale del latte occorre fare chiarezza, anche con indagini interne
Far finta che non è successo nulla, che tutto era già scritto e che era impossibile evitarlo, sarebbe forse ancora peggio di quel che è accaduto
La cancellazione dal panorama urbano dell’ex centrale del latte non è un’immagine che non c’è più e riguarda pochi: è uno sfregio alla storia e alla memoria, quindi ci riguarda tutti. Quel vuoto che sarà riempito da modernissimi uffici è un monumento immateriale alla stupidità, all’ignoranza e all’ignavia di chi poteva fare e non ha fatto, o ha fatto fare quello che era meglio non si facesse. L’assessore Marcello Antonelli, cui non difettano né buonsenso né realismo, non può però far assorbire tutta la vicenda dalla battuta, per quanto amara, della «svista collettiva». Chi ha “svisto”? E perché? Ci sono domande alle quali chi amministra la Cosa pubblica ha l’obbligo morale di fornire una risposta. Se fossimo in un Paese normale sarebbe partita un’indagine interna. Una bella indagine a ritroso nel tempo (naturalmente limitata al periodo di prescrizione) nella quale è certo che ci sono uffici, timbri e firme: atti documentali e responsabilità che ci raccontano come e perché l’ex centrale del latte razionalista disegnata da Florestano Di Fausto diventerà un moderno cubo di cemento e vetro. Un contributo di chiarezza e di trasparenza per conoscere quali politici hanno chiuso gli occhi, quali li hanno aperti, quali tecnici – stipendiati ogni 27 del mese per questo – non si sono accorti di nulla o perché nonostante la laurea e il titolo sul biglietto da visita non avevano mai sentito parlare di Florestano Di Fausto. E cosa ha fatto la Sovrintendenza, per un periodo sin troppo lungo, per avvalersi e far valere quella sorta di “protezione” che cade sugli edifici ultracinquantenari? Altro che demolizione, ci vorrebbe il benestare per qualsiasi intervento di modifica. Per l’ex centrale, niente di tutto questo. In extremis i consiglieri Acerbo (Rifondazione) e Di Biase (Udc), in un consiglio finalmente unanime, hanno chiesto l’intervento del ministro Bondi per salvare, se non la faccia, almeno la facciata. Niente altro dalla grande marmellata della politica e del mattone. È cieca, sorda e muta. Chi li ha visti i “papaveri”? Chi li ha sentiti? Loro, sempre pronti a sfruttare un microfono o un taccuino per friggere l’aria o farcirla di banalità, stavolta si sono tenuti lontani dalla polvere dell’abbattimento. In un recentissimo passato i megafoni del potere in salsa demagogica hanno sbandierato fantomatici «mecenati», «benefattori», «amanti della città». E tanti l’hanno bevuta, come un bicchiere d’acqua. Anzi, di latte.
29/07/2010
Andrea, faccio alcune osservazioni a titolo personale sull’articolo che riporti.
1) non ha senso una battaglia tra il vecchio e il nuovo… non è la “modernità di un cubo di cemento e vetro” a doverci spaventare… ANZI!!! è proprio quello che si dovrebbe fare! sostituire vecchi edifici con nuovi manufatti. In questa osservazione del giornalista c’è tutta la povertà culturale collettiva che relega noi architetti (non certo incolpevoli…) a un declassamento insopportabile. Il problema è, a mio modo di vedere le cose, che si sia demolito un edificio storico di evidente qualità architettonica…
2) che un tecnico comunale non conosca Florestano Di Fausto, scusatemi, ma mi sembra del tutto lecito… ANZI!!! chiedo a quanti di quelli che si fanno avanti in questa storia conoscessero l’importanza dell’autore di questo bell’edificio un anno fa… (io, ad esempio, l’ignoravo…)
3) la gravità delle affermazioni dell’Ass. Antonelli stà nel fatto che non può dire che “non potevamo non dare questo permesso”, perchè in realtà POTEVANO non dare il permesso e richiedere un parere alla Soprintendeza, visto che la demolizione (ristrutturazione innovativa???) interessava un edificio degli anni ’30 di evidente qualità architettonica.
a distanza di un anno trovo questo commento sempre più vero
Le prossime costruzioni oggetto di “attenzione” saranno villino Forcella in viale della Riviera angolo via Ragazzi del 99, una bianca masseria fortificata in via Fonte Romana e un palazzina anni 50 in via E.Toti. Diamo inizio alla caccia al tesoro.
Condivido l’approccio scientifico, ribadisco l’importanza di indicare oltre le voci classiche anche una funzione richiesta dal basso nei casi di abbandono, per non rinchiudere il lavoro in un discorso solo tra architetti.
fonte romana dovrebbe essere questo.
questo è
villino Agresti di Paride Pozzi, esempio di sostenibilità unico di rispetto del litorale.
villino Forcella è un altro da tutelare secondo alcune associazioni locali, qui vi voglio, quale scelta fareste voi? tutelarli tutti?
@ctonia
mi scuso per l’ennesima aggiunta, ricordo che occorre una grossa mano per produrre questo materiale “informativo”.
Mi fa piacere che sia nato questo dibattito. Vuol dire che siamo un gruppo di persone interessate a discutere della nostra idea di Città…
Perché nessuno degli illustri “esperti” interviene quando in città, a colpi di d.i.a., decorose costruzioni vengono trasformate in tetri scaldabagni o in palafitte (visti gli allagamenti) neo-post-moderne da “artisti” del progetto? Probabilmente dagli “esperti” di cui sopra, veri specialisti della critica che non distinguono un capitello corinzio da un cesto capovolto, non ci si può aspettare di più di un banale epitaffio su una città morta. A Pescara contano solo le volumetrie, le altezze e i distacchi, semplici numeri. Con la vicenda della centrale del latte “Molti vogliono la rivoluzione, ma preferiscono fare le barricate con i mobili degli altri” (Flaiano).
Flaiano riesce sempre a essere un raffinato premonitore